"Et absterget Deus omnem lacrimam ab oculis eorum, et mors ultra non erit, neque luctus neque clamor neque dolor erit ultra, quia prima abierunt" Ap 21,4
Cavalleria Cristiana
"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena
La Via dei santuari tracciata dalla associazione "Camminantes"
È un percorso lungo il quale si spostano ogni
anno non meno di centomila fedeli. Una carovana che ripercorre gli
stessi itinerari degli avi, chilometri di strada a piedi, a cavallo o in
macchina per sciogliere un voto o chiedere una grazia.
San
Francesco di Lula è una di queste mete. Come i Martiri di Fonni, San
Cosimo di Mamoiada, San Mauro di Sorgono, e San Paolo di Monti da secoli
destinazione spirituale degli orunesi.
Mappe, storia e tradizioni messe insieme dall'associazione Camminantes che ha tracciato l'itinerario della Via dei santuari, 350 chilometri da San Salvatore di Cabras fino a San Paolo di Monti.
Una linea rossa che tocca quattordici santuari campestri tra il Sinis, il Montiferru, la Barbagia, la Baronia e la Gallura.
Mons. Abou Khazen, felice per l’ingresso dell’esercito siriano nei
quartieri occupati, considera “motivo di speranza” la lettera del Papa
ad Assad. Ma accusa: “L’embargo colpisce solo i civili”
Maloula, Siria. Monastero di Santa Tecla - Wikimedia Commons
“La città di Aleppo finalmente sta per essere completamente liberata e
unificata dopo quattro lunghi anni di divisione e di morte seminata da
diversi gruppi armati siriani e non”. La testimonianza diretta giunge a
ZENIT da mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i
cattolici di rito latino. Mentre lui parla, di sottofondo è nitido il suono dei colpi di
mortaio. Stavolta però, rispetto ai mesi scorsi, è un sibilo di
speranza, giacché testimonia l’assedio da parte dell’esercito siriano
nella parte orientale della città, fino a poche settimane fa una
roccaforte dei gruppi cosiddetti “ribelli”. Durante l’occupazione – racconta mons. Abou Khazen, che ha avuto modo
di parlare con persone fuggite dalla parte est di Aleppo – “la vita non
era affatto facile, specialmente negli ultimi mesi di combattimenti,
perché i ‘ribelli’ impedivano di far arrivare viveri e medicinali,
mentre i loro depositi era riforniti”. Questi gruppi – ribadisce il vicario apostolico – appartengono tutti
alla galassia del fondamentalismo islamico e – aggiunge – “imponevano
alla popolazione dei precetti e dei modi di vita all’insegna del
fanatismo, totalmente estranei alla tradizione del popolo siriano”. L’Onu riferisce che la situazione umanitaria è “catastrofica”: si
registrano difficoltà logistiche per curare i feriti, l’igiene è
scarsissima e la gran parte degli edifici è distrutta. “Ora che la città è quasi interamente in mano all’esercito regolare –
spiega tuttavia mons. Abou Khazen – molti profughi stanno tornando e
questo è comunque un simbolo di rinascita”. Il vicario apostolico
sottolinea che molti cittadini di Aleppo si erano allontanati
recentemente, “durante l’ultima operazione dell’esercito per liberare i
quartieri est della città”. Una volta ripreso il controllo di queste zone, è stato necessario
“pulire questi quartieri dalle mine, riaprire le strade e far funzionare
tutte le altre infrastrutture”. Quasi concluse queste attività, la
gente sta tornando indietro, dove spesso al posto della propria casa
trova però un luogo spettrale. Presto dovrà avvenire la ricostruzione. “Il clima che si respira tra la gente è di gioia, ottimismo e
speranza”, racconta il vicario apostolico. Il quale però rileva che c’è
anche tanta prudenza, perché il popolo siriano ormai è abituato alle
“brutte sorprese”. Prudenza – o forse sano realismo – che traspare anche dalle parole di
mons. Abou Khazen. “Purtroppo non sono fiducioso per niente riguardo a
un aspetto!”, esclama. E rivolge un’esplicita accusa nei confronti della
comunità internazionale: “Tutte le scuse sono buone per lasciare le
sanzioni e l’embargo contro la Siria!”. Ad avviso del rappresentante cattolico, l’embargo sembra riguardare
“solo gli aiuti umanitari, il gasolio, i medicinali” e dunque “chi ne
paga le conseguenze è la povera gente”. E invece le armi – “ogni genere
di armi”, dice – continuano ad entrare nel Paese. L’8 dicembre scorso, del resto, il Governo Usa ha concesso una deroga
alle esportazioni di armi a “forze irregolari, gruppi o individui
impegnati nel sostenere o agevolare le operazioni militari degli Stati
Uniti per contrastare il terrorismo in Siria”. Non da Washington, ma dalla Città del Vaticano arrivano concreti
segni per un avvenire migliore per il popolo siriano. La lettera inviata
da Papa Francesco al presidente Assad “è un altro motivo di speranza
per tutti noi, cristiani e non”, commenta mons. Abou Khazen. Che
definisce inoltre “un gesto speciale” la nomina a cardinale da parte del
Pontefice del nunzio apostolico in Siria, Mario Zenari. Da qui bisogna ripartire per il futuro della Siria. “Questo Natale –
spiega il vicario apostolico – avrà un altro profumo alla luce della
liberazione della città, alcune strade saranno adornate per la festa
anche se non c’è l’elettricità. Ma come abbiamo fatto lungo questi anni
di guerra, cerchiamo di seminare la vera gioia e speranza cristiana
nell’animo dei fedeli”.
La confessione in privato del Papa: "Potrei anche sbagliarmi, ma..."
Una sensazione, "un po' vaga", a dare retto
al Pontefice, ma pur sempre importante. Perché papa Francesco, parlando
con Antonio Spadaro, direttore di Civilità cattolica, dice parole che
potrebbero essere un'indicazione su quello che sarà il suo futuro. "Io ho la sensazione che il mio
pontificato sarà breve, 4, 5 anni", dice il Pontefice. Che aggiunge:
"Magari non è così? ma ho come la sensazione che il signore mi ha messo
qui per poco tempo. Però è una sensazione, per questo lascio sempre le
possibilità aperte". La confidenza è contenuta in un video che sarà trasmesso domani da Sky, con l'autorizzazione dello stesso erede di Pietro. Un documento realizzato in occasione degli 80 anni del Pontefice. "A me succede - racconta ancora il Pontefice
parlando di se stesso in privato - che quando provo delle emozioni mi
chiudo e la cosa si cucina a fuoco lento, no? E poi appare. Io mi
difendo molto dalle emozioni perchè... non so...per pudore, pudore
machista...non so...".
Hanno una strana idea di libertà, in Francia, dunque. Fare vignette
in cui le tre Persone della Trinità hanno rapporti sodomitici è libertà
espressiva, anzi è creatività e umorismo, e nessuno deve sentirsi
offeso. Dire a una donna che si è pronti ad aiutarla affinché, se se la
sente, faccia nascere suo figlio è un reato, punibile col carcere fino a due anni.
L’altro ieri è dunque passato anche al Senato francese, seppur
modificato, il testo della legge che metterà il bavaglio a tutti i mezzi
di comunicazione, compresi i siti internet, che cercano di salvare
qualche donna e qualche bambino dalla carneficina quotidiana. Contro il
genocidio censurato e finanziato dallo stato un manipolo di volenterosi
oppone, si badi bene, non una azione o una resistenza attiva, ma
semplicemente, mitemente, parole, consigli, offerta di aiuto pratico,
informazioni. Tutte le donne che conosco, se sono passate attraverso il
dolore dell’aborto, dicono di non essersi rese conto di quello che
stavano facendo, tutte, dopo, dicono con strazio “magari qualcuno mi
avesse fermata”. Ecco, da oggi i prolife francesi non potranno più
provarci, a fermarle.
Non potranno più fare nulla:
imbavagliati, a meno che non vogliano pagare ventimila euro di multa ed
essere arrestati. E sia chiaro che non vanno in giro a giudicare, non
minano la libertà sessuale di nessuno, e chi gliela tocca per carità
(pare che alle analisi biochimiche l’acqua della Senna sia risultata
infestata di ormoni anticoncezionali), non accusano. Semplicemente
aprono luoghi di incontro, centri, siti web a cui chi ha bisogno di un
aiuto nel momento della decisione possa, spontaneamente, rivolgersi. E
così tutta la libertà strappata a qualsiasi controllo, a grandi passi,
dall’illuminismo a oggi, passando per il vietato vietare sessantottino,
ha fatto il giro, ed è diventata dittatura. Sei libero, ma di pensare
quello che dicono loro. La polizia del pensiero oggi è realtà.
Trovo inquietanti tutte le limitazioni della libertà di espressione, e
trovo un incubo che le si possa punire col carcere. Il mondo è grande,
la rete è enorme, c’è posto per tutte le idee. Uno, semplicemente, non
compra Charlie Hebdo. Uno non va su quella pagina irritante. Magari
blocca sulla propria il commentatore molesto. Ognuno che lo desideri può
avere la sua pagina, e ne faccia ciò che vuole, visto che le leggi
sulla diffamazione e sulla tutela dell’immagine già ci sono. Ma per
quanto riguarda le idee, per carità, che tutti siano liberi di pensare e
di esprimersi come vogliono.
Il fatto è che il mondo senza Verità è terrorizzato da tutto, cerca
di costruirne una in laboratorio, che però purtroppo non è reale, che
non è vera. E così si censura persino un progressista come Mark Twain
perché usa la parola negro, come se nell’800 ce ne potesse
essere un’altra per parlare degli schiavi di origine africana. E così si
dice diversamente abili, o non udenti, pensando che con le parole
sterilizzate il mondo sia un posto meno doloroso. Noi cristiani invece
non abbiamo paura delle parole, perché abbiamo un fondamento certo. Non
abbiamo paura del male perché sappiamo che il cuore di ogni uomo è
capace di male, anzi, da solo non è capace di bene, e non serve
rieducarlo con programmi studiati dall’OMS. Il cuore dell’uomo è un
mistero, ed è inutile imporgli le parole giuste. Uno solo è buono, sulla
terra, ed è Cristo. Per questo noi cristiani siamo gli unici uomini
liberi, perché sappiamo che la Verità non è un codice, un protocollo
espressivo, un programma scolastico contro i cattivi sentimenti.
La Verità è una persona, Cristo, e ciò che guarisce prima i nostri
cuori e poi anche le nostre parole è un incontro con questa persona.
Tanto più è vivo e alimentato questo incontro, tanto più è nitida e
chiara la nostra percezione della Verità, che è lui. Tanto più siamo
saldi nella Verità, tanto più siamo dialoganti, perché, attaccati al
nostro tutto, l’incontro con una qualsiasi creatura limitata non ci
turba in nessun modo. Sono gli altri, quelli che stanno nella palude del
soggettivismo, dell’individualismo, del trionfo dell’emozione che hanno
paura dei punti fermi. Una cristiana, per esempio, può anche
sopravvivere al pensiero di avere ucciso suo figlio, può perdonarsi,
perché la perdona un altro, può amarsi perché amata da un altro. Può
ripartire, a condizione che qualcuno le dica la verità. Ma per una donna
che non ha fatto l’incontro, è intollerabile che qualcuno le dica che
ha ucciso suo figlio. Meglio rimanere nella bugia (ho esercitato il mio
diritto all’autodeterminazione e ora sto serena).
Così in Francia la legge contro la libertà va avanti di fretta.
Hollande non si ricandiderà, e il suo partito tenta un’operazione di
immagine. Passato il testo il governo, socialista, potrebbe forzare la
mano per farlo approvare, e saltare il nuovo passaggio all’Assemblea
nazionale: pare voglia farne un uso ideologico nella prossima campagna
elettorale, ormai imminente. Chiudendo i siti prolife la gauche au cachemire
pensa di riuscire a far credere di essere dalla parte dei diritti.
Eppure tutti i difensori dei cosiddetti diritti civili stanno cadendo
uno dopo l’altro (Obama/Clinton, Cameron, Hollande, Zapatero, Renzi…).
I raffinati analisti politici parlano solo di antipolitica, di un
odio cieco e tutto sommato ignorante. Trovo insopportabile questa
spocchia. Non sarà forse che le priorità di questa élite non solo non
sono quelle della gente, ma anzi sono contrarie al sentire comune, che
non è più certo cristiano, ma che avverte naturalmente che è meglio
aiutare i bambini a nascere che a morire? Che è più difficile e
politicamente più impegnativo aiutare le vere famiglie, che abbracciare
la causa di finti diritti che non costano niente, che riguardano lo zero
virgola della popolazione e che soprattutto c’erano già (il diritto di
amarsi convivere fare sesso intestarsi case lasciarsi eredità e girare
nudi abbracciati a una banana gonfiabile nell’indifferenza generale,
visto io a Parigi con i miei occhi?).
Trovo, ancora, insopportabile che anche nelle analisi post referendum
in Italia questo sentire della gente naturalmente poco appassionata
alle battaglie che vogliono cambiare l’antropologia sia stato
trascurato. Una mobilitazione gigantesca di popolo è stata ignorata. Un
popolo di famiglie a rischio povertà – quasi tutte famiglie numerose – a
cui nessuno ha dato un euro per il viaggio, né la Cei come nel 2007, né
i sindacati come in tanti altri casi. Perché nessuno li ha tenuti in
considerazione? Neanche una riga sui giornali? Tra i principali errori
attribuiti a Renzi, per esempio da Galli della Loggia sul Corriere,
nella top five persino l’abitudine di usare slides. Nessuno, credo,
tranne Matzuzzi sul Foglio, ha preso in considerazione il fatto che sia
stato snobbato il popolo che in due giornate di giugno e gennaio ha
invaso Roma. Eppure c’è un popolo che non si beve i diktat del Fondo
Monetario e dell’Unione Europea e dell’Oms sull’idea di uomo e di donna
che DOBBIAMO avere se vogliamo rimanere nel sistema (in Africa chi vuole
prestiti deve accettare i corsi su contraccezione e gender nelle
scuole). È vero, a forza di fare corsi a scuola e rieducazione di massa
su tutti i mezzi possibili, forse si creerà una nuova mentalità, ma per
il momento c’è ancora un sentire comune che avverte la ragionevolezza
della famiglia, che avverte con fastidio l’arroganza di una tecnocrazia
che vuole dirci cosa dobbiamo pensare. Non per niente le teste di tutti i
paladini dei diritti incivili stanno rotolando come birilli, una dopo
l’altra, ed è troppo comodo dare tutta la colpa all’antipolitica.
E’ vero, il voto cattolico non è più compatto. E’ vero, Civiltà Cattolica
aveva invitato a votare sì, mentre Bagnasco si era raccomandato di
informarsi bene senza prendere posizione; è vero, di gente che dorme con
l’Humanae Vitae sul comodino non ce n’è tantissima, ma non si
può dimenticare che le due piazze più piene degli ultimi anni erano
piene di famiglie che sperimentano ogni giorno la ragionevolezza e la
convenienza della proposta cristiana. Prendere in giro loro,
trasformando la prepotenza di una elite che vuole ridefinire l’idea di
uomo e donna in una eroica battaglia per i diritti civili non sarà
facilissimo, far credere che la battaglia di Elton John e degli altri
che comprano i figli sia come quella dei neri che marciarono su
Washington sarà impossibile.
Dall'omelia del 27/11/2016, Cattedrale di San Lorenzo, Genova
“Se non si conosce Dio, non si può neppure conoscere Gesù. Lo si riduce a
un saggio, a un politico, a un martire, un visionario, ma non si
riconosce il redentore del mondo. Allora la Chiesa non è più mistero e
sacramento ma diventa una realtà sociologica opera di uomini soggetta
alle categorie del mondo: il numero, il potere il consenso, le
organizzazioni”. Ad affermarlo il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo
di Genova e presidente della Cei, nell’omelia pronunciata ieri
pomeriggio, nella cattedrale di San Lorenzo, in occasione della Messa
per le ordinazioni presbiterali. “Ma – ha aggiunto il card. Bagnaco – la
Chiesa non è umanamente attraente perché Dio vuole convertire, non
sedurre. Divenire cristiani non è una adesione ma una conversione perché
Dio, prima di essere il nostro bene è la nostra origine, la possibilità
e la consistenza del nostro essere. Solo dopo è anche il destino della
nostra anima”. E questa, ha aggiunto “è la questione delle questioni”
perché riguarda “la salvezza eterna dell’anima”. Ma “quando si perde il
senso dell’eterno, allora l’anima si identifica con le cose che incontra
e consuma”. “Il sole di Satana che vuole sedurre le anime – ha detto
ancora nell’omelia – vuole far credere che il proprio del cristiano è
l’attività ma questo svuota la memoria di Dio e della sua grazia. L’uomo
si trova da solo con sé stesso solo anche se dentro ad una collettività
che però è altro della comunità dei discepoli”. Di qui l’invito
all’adorazione perché “adorare non è un fare, è un non fare, per
lasciarsi fare da Cristo e questa è la dimensione mistica del Vangelo
che l’Occidente sta perdendo e per questo, più si danna nel fare, più
sprofonda nell’angoscia della sua impotenza di senso”.
Sabato (19 Novembre, l'articolo è del 17 Novembre, ndr) si svolgerà uno strano Concistoro. Strano perché, a differenza
delle altre due occasioni precedenti, il Pontefice non vedrà i
cardinali convenuti a Roma nei giorni precedenti.
Un Concistoro per la creazione di nuovi porporati è un avvenimento
molto speciale, nella vita della Chiesa; anche perché tutti i cardinali
che possono farlo vengono a Roma in quell’occasione, per dare solennità
all’evento in cui si creano i nuovi principi della Chiesa, gli speciali
collaboratori e consiglieri del Papa.
E’ anche un’occasione speciale per il Pontefice; per vedere riunito
intorno a sé il Collegio, compresi quelli che di rado giungono ad limina
apostolorum, per ricevere informazioni, scambiare idee e percezioni, e
mandare messaggi.
Così è stato nelle due precedenti tornate di creazione di cardinali nel regno del Pontefice regnante.
Nel 2014 tutti i porporati, residenziali e di Curia, hanno passato
due giorni con il Papa, il 20 e il 21 febbraio, prima della cerimonia
ufficiale di consegna del cappello cardinalizio, avvenuta il 22
febbraio.
Lo stesso modello si è ripetuto l’anno scorso, sempre a febbraio.
Anche in quell’occasione il Collegio si è riunito cum Petro il 12 e il
13 febbraio, prima della cerimonia ufficiale del 14 febbraio.
Quest’anno invece la riunione con tutti i porporati non ci sarà. Il
programma prevede solo la cerimonia di creazione dei nuovi porporati,
nella basilica di San Pietro, alle 11 di sabato 19 novembre, e la messa
il giorno dopo. Il pomeriggio di sabato dalle 16.30 alle 18.30 sono
previste le visite di cortesia, “di calore” come recita il gergo
curiale.
E siamo alla chiusura di un Anno Santo voluto fortissimamente dal
Pontefice. Quale migliore occasione ci sarebbe stata per discutere di un
tema importante come la Misericordia davanti al Collegio dei suoi
consiglieri?
Non è stata data nessuna spiegazione ufficiale, a nostra conoscenza, di questa singolare anomalia. E allora facciamo un’ipotesi.
A settembre quattro cardinali si sono fatti espressione di un
sentimento molto diffuso nella Chiesa – e certamente anche nel Collegio –
e hanno scritto una lettera imbarazzante al Papa
e al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Una
lettera che – in assenza di una risposta qualsiasi da parte del
Pontefice – hanno deciso di rendere pubblica nei giorni scorsi.
E’ chiaro che il Pontefice non ha voluto rispondere – e non vuole
rispondere – alle domande formulate secondo un preciso schema teologico
sotto forma di “dubia” che non ammette svicolamenti e scappatoie nella
replica.
Ed è probabile, a nostro parere, che il quesito si sarebbe
ripresentato nel corso di un incontro con il Collegio cardinalizio; non
solo da parte dei firmatari della richiesta di chiarimenti, ma anche
forse da parte di altri porporati, desiderosi di un parola risolutiva da
parte del Pontefice.
Ecco, noi pensiamo che proprio per questo nel Concistoro di Novembre
non è stato previsto un incontro collegiale con i porporati. Avrebbe
potuto avere risvolti davvero imbarazzanti per il Pontefice. E ha
preferito evitare…
Ringrazio Mons. Arnaldo Morandi di Brescia per la sua consueta e puntuale newsletter della Gebetsliga Italia - Lega di Preghiera per il Beato Imperatore Carlo e la pace fra i popoli.
Qui è proposta una riflessione su "Halloween" e Ognissanti.
Robertus
In
prossimità della festa di Halloween, vorrei proporre alle famiglie,
alle agenzie educative,
alle istituzioni, ai gestori degli esercizi commerciali, agli operatori
pastorali e alla Comunità Ecclesiale tutta alcune riflessioni che ci
aiutino a comprenderne l’autentico significato e la reale portata, al
fine di decidere con più consapevolezza e con ragionevoli e
coerenti motivazioni quale sistema di pensiero e di valori vogliamo fare
nostro e trasmettere ai più piccoli, al di là di una ingenua e
superficiale accettazione di tutto ciò che una società sempre più
confusa e incerta, precaria e consumista, oggi ci
propone.
Chiarisco
subito che si tratta di semplici riflessioni, che non hanno altra
pretesa se non quella di far
maturare un pensiero autonomo e critico, capace di vagliare i vari
messaggi, più o meno chiari ed evidenti, che ogni giorno riceviamo e che
rischiano, talvolta a nostra insaputa, di disorientarci o anche
semplicemente di distrarci da una realtà più scomoda ed esigente.
Anche
se il nome “Halloween”, attribuito peraltro alla festa solo nel XIX
secolo, significa letteralmente “Vigilia di
tutti i Santi” e lascerebbe supporre che si tratti di una festa
tipicamente cristiana, le sue origini sono da ricercare nella cultura
delle
popolazioni celtiche pre-cristiane, presso le quali si chiamava
“Samhain”, nome che piuttosto indicava semplicemente la fine
dell’estate.
Più
precisamente, la festa di Samhain nella religione druidica si colloca
in una visione
circolare e ciclica del tempo, in cui tutto ritorna secondo i ritmi
della natura, e rappresenta un momento che, posto al limite tra il ciclo
vecchio
(fine dell’estate) e quello nuovo (inizio dell’inverno), esce dalla
dimensione temporale e consente per questo l’abolizione del
confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Nella
notte di questo passaggio, fra il 31 ottobre e il 1° novembre secondo
il
calendario celtico, in un tempo strappato al tempo e in uno spazio
abitato contemporaneamente dalla vita e dalla morte, i Celti credevano
che i morti
uscissero dalle tombe per far visita ai vivi, mentre fate ed elfi,
creature mitologiche considerate nemiche degli uomini, si
intromettessero per fare
scherzi, spesso pericolosi, ai vivi.
A
questa credenza e a questo sistema culturale e religioso, tipici
dell’Irlanda e
della Scozia e diffusi successivamente negli Stati Uniti e in Canada, si
collega l’usanza di far vestire i bambini da streghe, zombie, fantasmi
e vampiri (figure che, in un modo o in un altro, richiamano lo stato di
non-morte, il mondo dell’occulto e la dimensione del male) e di mandarli
a bussare alle porte delle case a chiedere «dolcetto o scherzetto?»,
rievocando l’altra tradizione, sempre legata allo Samhain
celtico, di lasciare nelle case dei dolci per i morti che fossero venuti
a far visita alla famiglia.
Quando il Cristianesimo si
impiantò nei già esistenti sistemi culturali, ne riprese e ne affinò le espressioni più tipiche, dando, proprio a partire
dalle feste, una lettura della storia e del mondo che corrispondesse ai dati della Rivelazione cristiana. Così,
in una rinnovata visione
del mondo sottratto al caos di forze incontrollabili e consegnato
all’ordine sapiente e onnipotente del Creatore, alla pre-cristiana e
pagana
festa delle forze occulte della natura e dei morti che non trovano
riposo, si sostituirono la Festa di tutti i Santi e la Commemorazione di
tutti i
Fedeli defunti.
La
storia di questa evoluzione, che qui, per esigenza di brevità, ho
dovuto presentare in maniera
succinta ed essenziale, ma che sarebbe utile approfondire ulteriormente
in sedi più opportune, rivela la trasformazione culturale, e non solo
religiosa, che si sta progressivamente operando nella nostra società.
Ciò
premesso, nel pieno rispetto di quanti
volessero scegliere altri sistemi religiosi e filosofici a cui ispirare
la propria vita, vorrei proporre, a quanti si professano cristiani e a
quanti
hanno a cuore l’identità culturale che ci contraddistingue, i seguenti
interrogativi:
a)
che effetti può avere, a
lungo andare e senza una matura e cosciente riflessione, l’assunzione
inconsapevole di una cultura della morte e del male, propria di un
neopaganesimo dilagante, in evidente contrapposizione a una cultura
della vita e del bene, propria della più autentica tradizione
cristiana?
b) a cosa porta la sostituzione dell’usanza – tipicamente nostra – di far trovare ai
bambini i “regali dei morti”, perché imparino che la morte è un dono della vita, con l’acquisto di oggetti che
esprimono la dissacrazione della morte e, conseguentemente, della vita?
c)
cosa comporta la sostituzione del culto –
tipicamente cristiano – dei morti e dei santi, capace di aprire alla
speranza della vita eterna e alla comunione con i vivi e i defunti, con
la
leggerezza dello scherzo sulla condizione dei morti e, conseguentemente,
dei vivi?
Auspicando
che queste semplici riflessioni e questi
ineludibili interrogativi trovino tante persone di buona volontà
disposte a mettersi in discussione, auguro a tutti la maturità di fede
e di pensiero che S. Paolo augurava alla comunità di Roma dicendo: «Non
conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando
il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò
che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,
2).
Quando risponde al telefono, monsignor mons. Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi (diocesi che comprende anche Raqqa,
la capitale del sedicente Stato islamico), ha la voce roca. La voce di
chi ogni giorno guarda in faccia la guerra. Sul sagrato
dell’arcivescovado si affacciano due cecchini. Uno a trenta metri.
L’altro a duecento. La tensione è palpabile, nonostante le prime frasi
di monsignor Hindo vengano pronunciate con calma. A bassa voce. La linea
va e viene. Ma, mano a mano che continuiamo a parlare, l’arcivescovo si
fa sentire sempre di più. Parla della guerra che, ormai da cinque anni,
sta distruggendo la Siria. Anzi, la “sua” Siria perché, mi spiegherà,
“la Siria è prima di tutto mia. Perché io sono siriaco. E Siria deriva
da siriaco. Io sono la Siria. Tutti i siriani sono la Siria”. Parole
pronunciate dal cuore, come dirà più volte durante l’intervista. Parole
di un pastore che ha deciso di non abbandonare le sue pecore. Anche a
costo di vivere nel mirino dei cecchini. Giorno e notte.
Monsignore, recentemente ha usato parole molto dure nei confronti dei curdi dello Ypg, accusandoli di voler strappare qualsiasi cosa ai cristiani della sua diocesi. Qual è la situazione ora?
La presenza curda è sempre più pressante. Qui in città hanno preso
tutti gli incroci e occupato tutte le vie, specialmente nel quartiere
cristiano. Gli uomini dello Ypg si stanno comportando molto male con noi
cristiani. Sono molto aggressivi. Inizialmente hanno preso il sud della
città, poi si sono allargati sempre più. Hanno preso tutto il cotone e
tutte le nostre ricchezze. Hanno rubato perfino le sedie. Hanno svuotato
tutto, ora non c’è più nulla. Quando Daesh si è allontanato,
sono arrivati i curdi dello Ypg, che vorrebbero creare uno Stato
indipendente, ma questo non ha senso. Hanno preso qualche avvocato e
l’hanno nominato giudice. Ma che giustizia è questa? L’anno scorso, a
febbraio, 35 villaggi sono stati occupati da Daesh. I curdi
dello Ypg li hanno visti scendere dalle montagne, ma non hanno fatto
nulla per fermarli. Volevano che Isis occupasse queste terre bellissime.
Quando sono arrivati, gli uomini dello Ypg mi hanno detto: “Siamo qui
per proteggere i cristiani”. Ma non era vero: erano venuti per cacciare i
cristiani.
Ma in Occidente i curdi dello Ypg vengono visti come degli eroi perché combattono Isis. Come può dire questo?
Loro lavorano per gli americani, che li usano per fare la loro
politica. Ma poi li abbandoneranno. I curdi non pensano a ciò che
accadrà tra un’ora oppure domani. Pensano solamente all’oggi. Non hanno
imparato dalla loro storia e dalle persecuzioni degli ottomani. Lei sa
cosa stanno facendo ora i curdi? Stanno imponendo la loro lingua nelle
nostre scuole. Due ore al giorno per cinque giorni. Al Nord insegnano
tutto in lingua curda. Ho detto loro: “Non avete programmi e non avete
professori adatti. Come potete insegnare ai bambini?” E sa cosa mi hanno
risposto? “Siamo pronti a sacrificare sette generazioni”. Questa non è
democrazia. È ideologia. La propaganda curda e americana li presenta
come eroi solo perché sono contro il governo. Ma i curdi stanno facendo
tutto questo perché vogliono uno Stato. Lo stanno facendo solamente per
il loro interesse.
Uno scenario davvero cupo, se è vero – come è vero – che i
curdi hanno sfruttato il cessate il fuoco per alzare le barricate.
Secondo lei la tregua è stata invece utile per i civili in zone come
Aleppo?
Io sono contro il cessate il fuoco. La prima volta che l’esercito
siriano è avanzato contro i ribelli, gli americani hanno chiesto una
tregua e così i terroristi si sono riorganizzati per attaccare i soldati
lealisti. Anche con questo cessate il fuoco hanno fatto la stessa cosa.
De Mistura e l’Onu parlano solo di Aleppo est, dove sono presenti i
ribelli, ma non parlano mai dell’altra parte, dove ci sono un milione e
duecentomila siriani che vengono continuamente bombardati dai jihadisti.
Anche l’arcivescovado di Aleppo è stato colpito da un missile, ma gli
americani, i francesi e gli italiani non ne hanno parlato.
Ed è pure vero che durante la tregua i “ribelli” vengono riforniti di armi e munizioni. Ma chi gliele dà?
Di certo non vengono via aereo perché è tutto bloccato. Vengono dalla Turchia. La Turchia aiuta Daesh
e anche l’America, che infatti non lo vuole distruggere. Da una parte
gli Usa lo combattono, dall’altra lo aiutano. Addestrano i ribelli che
poi passano le armi ad Al Qaida e all’Isis. Quando parlano i Capi dei
governi occidentali dicono solo bugie. Non vogliono combattere né Daesh né Al Nusra. Non vogliono che la Russia e i siriani li bombardino.
E così i terroristi di Al Nusra hanno cambiato nome per presentarsi come “jihadisti” buoni…
Certo. E loro sono sostenuti anche dal Qatar, come l’Isis con l’Arabia Saudita.
Ma qual è la politica degli Usa in Medio Oriente?
Quella di Israele, che è il piede americano in Medio Oriente. Lo
Stato ebraico ha un valore economico e strategico fondamentale. Per
questo deve essere più forte ed è per questo che gli Usa vogliono
smembrare la Siria. Non a caso hanno dato 38 miliardi di armi agli
israeliani. Ma l’America fa anche gli interessi dell’Arabia Saudita,
tanto che Obama ha posto il veto sul disegno di legge sull’11 settembre
che permetterebbe alle famiglie delle vittime dell’11 settembre di
citare in giudizio i sauditi. L’America ha deciso di attaccare la Siria
perché Assad non ha voluto rompere le sue alleanze con l’Iran e con gli
Hezbollah.
Com’è il rapporto tra cristiani e musulmani in Siria?
L’islam siriano è speciale. Non è come quello dell’Arabia Saudita o
della Turchia. Non è un islam politico. I musulmani siriani hanno, prima
di tutto, un cuore siriano. Hanno preso il volto della cultura, del
commercio e della civiltà siriana. Purtroppo abbiamo anche noi qualche
villaggio o qualche città in cui ci sono persone con la mentalità dei
Fratelli musulmani…
Ma prima della primavera araba Assad riusciva a tenerli a bada…
Da quando il partito Baath ha preso il potere, la Siria è diventata
un Paese laico. Quando ho costruito un campanile di 42 metri con una
croce di 7 metri nessuno ha detto nulla. Anche se è più alta dei
minareti. Come mai? Da settant’anni abbiamo una cultura laica.
L’estremismo è arrivato con i Fratelli musulmani. Daesh è figlio loro e dei wahabiti.
Ma davvero Assad ha commesso tutti i crimini di cui è accusato?
Nella prima settimana della rivolta c’è stato qualche sciopero e
l’esercito ha sparato sugli scioperanti. È vero. Ma chi ha sparato è
stato punito. Quella in Siria non è stata una rivoluzione. È una guerra
dei Fratelli musulmani. Chi dice che si tratta di una rivoluzione fa
propaganda. È una guerra contro i cristiani. Il segretario di Laurent
Fabius, tre anni fa, mi ha detto: “Tra poco arriverà in Europa un aereo
pieno di cristiani iracheni”. Sa cosa gli ho risposto? “State sradicando
i cristiani mediorientali affinché continui la guerra tra sciiti e
sunniti”.
Dopo il bombardamento Usa contro l’esercito siriano,
monsignor Abu Khazen, arcivescovo di Aleppo, ha detto che non si è
trattato affatto di un errore. Condivide questa tesi?
Nel 2012 ho preso carta e penna per dire che dovevano essere Russia, Cina e Iran a bombardare Daesh
in Siria. Non gli americani e i loro alleati perché ero certo che
avrebbero colpito anche l’esercito siriano. E ora è successo. Di solito
Isis cerca di colpire gli aerei, ma in questo caso non l’ha fatto. Come
mai? Non posso parlare con tranquillità di fronte a questo
bombardamento. Sono anche arcivescovo di Deir el-Zor e non posso
accettare quello che gli americani hanno fatto. Conosco le persone che
combattono con l’esercito siriano e i cristiani che vivono ancora lì.
Non posso stare seduto su un trono. Uso le parole che mi vengono dal
cuore e, quando vedo la Mogherini che piange per gli attentati di
Bruxelles, mi chiedo se mente. Anzi, so che mente. Non ha mai parlato di
tutte le scuole bombardate dai terroristi a Damasco. Forse il sangue
siriano non è come quello occidentale…
Abbiamo parlato tanto di propaganda. Ma cosa possiamo fare noi giornalisti per raccontare con lealtà il conflitto siriano?
Non prendete per oro colato tutto ciò che i governi occidentali vi
dicono. Sono bugiardi e contro i cristiani e i siriani. Hanno i loro
interessi e non hanno in mente né gli uomini né i cristiani. Credo che
la politica debba significare “servizio”, ma purtroppo ora è solo
questione di interessi. Mettete dei punti di domanda sulle cose che vi
dicono. Abbiate un po’ di cuore per questa Nazione. La Siria è prima di
tutto mia. Perché io sono siriaco. E Siria deriva da siriaco. Io sono la
Siria. I siriani sono la Siria. Piantatela di chiamare “moderati” i
ribelli. È una bugia. Non sono moderati. Nemmeno l’Esercito Siriano
Libero lo è. È solo il cambiamento di un’etichetta. Come Isis e come Al
Nusra sono degli islamisti. I russi continuano a chiedere agli americani
chi sono i ribelli moderati, ma loro non hanno ancora risposto.
Come giudica l’intervento russo in Siria?
Putin non è venuto solo per aiutare i cristiani e i siriani. Ma anche
perché i terroristi non tornino in Russia. La posizione russa è
difendibile, quella americana no perché è contro il diritto
internazionale. Chi ha autorizzato l’intervento aereo della coalizione a
guida Usa in Siria? Nessuno. È assurdo. La crisi siriana ha mostrato
che la Russia è la seconda potenza mondiale e questo non è tollerabile
per l’America.
Due mesi fa ha potuto parlare con Bashar Al Assad. Cosa vi siete detti?
A dir la verità, ho parlato della situazione nella mia regione. Ho
parlato del problema curdo, presentando anche documenti scritti. Sa cosa
mi ha detto? “Voglio una Siria laica in cui è vietato parlare di
minoranze”. Mi ha poi detto: “Io sono un simbolo. Se va via un simbolo
crolla tutto”. E ha ragione. In Siria succederebbe ciò che è successo in
Libia e in Iraq. Se Assad se ne va, sparirà pure l’esercito e la Siria
verrà smembrata.
Dice queste parole con un nodo alla gola, monsignor Hindo. E non
possiamo dargli torto. La Siria anche è “sua”. È una questione di fede e
di sangue. Cose che sembrano impensabili qui, dove tutto è pace.
“Che sta succedendo in Vaticano ? – mi chiedono diversi lettori –
perché ora Papa Benedetto se ne esce con quel libro intervista in cui
sembra solo elogiare Bergoglio, sminuire se stesso e rimarcare che la
decisione di mettersi da parte è stata del tutto personale è presa in
autonomia senza coercizione ?
“È una buffonata – dice un altro – e Ratzinger ed è stato ancora una
volta manovrato dal potere in Vaticano pro Bergoglio, oppure non abbiamo
capito niente è davvero Benedetto ha scritto di suo pugno tutto il
testo e stima Bergoglio?”.
Il libro si chiama “Ultime Conversazioni”; è sotto forma di
intervista, e viene presentato trionfalmente da Vatican Insider (il
sito più adulatorio verso Papa Francesco, non a caso di La Stampa) come quello che fa “ emergereil «vero» Ratzinger. Un
teologo e un Papa che si smarca dai cliché dei sedicenti
«ratzingeriani», da quelli che hanno cercato di rinchiuderlo nel recinto
dei conservatori o dei tradizionalisti”. Soprattutto, l’Emerito nega di essersi dimesso sotto pressione (“Non sono stato ricattato”), “Ho scritto io la rinuncia” (il latino scorretto in cui era stata stesa aveva fatto sospettare un’altra mano), “sono stato contento e felice” della scelta di Bergoglio; ne approva le riforme, “significa che la Chiesa è in movimento, è dinamica, aperta,
con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi. Che non è congelata in
schemi: … la Chiesa è viva e trabocca di nuove possibilità” Si
autoaccusa: “Il governo pratico non è il mio forte”…
Non ho letto il libro, ma mi aspettavo il contenuto. So, da voci interne, che Ratzinger stava subendo da mesi fortissime pressioni
per correggere e diradare la scandalosa impressione che aveva fatto, a
maggio, il discorso del suo segretario, monsignor Georg Ganswein
durante la presentazione di un libro: il quale proponendo un assurdo
“papato collegiale”, con uno “attivo e uno contemplativo” , inferiva
che Ratzinger era ancora pontefice, e gettava un’ombra profonda sulla
legittimità di “Francesco” come Papa.
Era a tutti chiaro che Ganswein, il segretario, non parlava di sua
iniziativa, ma su mandato del dimissionario, il quale mandava a
Francesco un segnale, un avvertimento. Adesso, il libro intervista dal
titolo anodino, finalmente, Ratzinger dissolve quel fumo nero che il suo
segretario aveva sparso sul papato sudamericano.
Come diceva, alcune voci mi hanno detto che questa ritrattazione è
stata richiesta all’ex Papa con forti pressioni. Ma erano voci. Adesso
invece ho la prova: la prova che Benedetto mente su almeno un
particolare importante.
La prova la dà, involontariamente, proprio il sito Vatican
Insider, a firma del vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli, forse
il più esaltato esaltatore di “Francesco”. E’ nel pezzo che Tornielli
pubblica il 9 settembre, dal titolo “Ratzinger: fu mia l’idea di cambiare i vertici dello Ior nel 2012” Eccola:
“Un esempio finora sfuggito ai recensori del libro riguarda l’Istituto
per le Opere di Religione. Una certa vulgata ha fatto passare l’idea che
la clamorosa destituzione del presidente Ettore Gotti Tedeschi
(nominato nel 2009, e dunque in pieno pontificato ratzingeriano),
avvenuta con modalità a dir poco discutibili, sia stata frutto di un
complotto ordito dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Una
decisione che Benedetto XVI avrebbe subito, incapace di reagire. Ma a
pagina 209 del libro intervista, il Papa emerito risponde senza
tentennamenti a Seewald, rivendicando la scelta: «Per me lo IOR è stato
fin dall’inizio un grosso punto di domanda, e ho tentato di riformarlo.
Non sono operazioni che si portano a termine rapidamente perché è
necessario impratichirsi. È stato importante aver allontanato la
precedente dirigenza. Bisognava rinnovare i vertici e mi è sembrato
giusto, per molte ragioni, non mettere più un italiano alla guida della
banca. Posso dire che la scelta del barone Freyberg si è rivelata
un’ottima soluzione». «È stata una sua idea?», chiede il giornalista.
«Sì» risponde Ratzinger”.
Ora, si dà il caso che lo stesso medesimo Tornielli, su Vatican
Insider di tre anni fa ( 22/10/2013) affermasse proprio il
contrario. Fin dal titolo: «Benedetto XVI fu molto sorpreso della cacciata di Gotti Tedeschi»
– Ecco il testo : “Papa Ratzinger era evidentemente all’oscuro della
clamorosa cacciata del presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi,
avvenuta con modalità e circostanze del tutto inedite nella storia della
Santa Sede e accompagnata dal tentativo di delegittimare personalmente e
professionalmente la sua persona, come attestano le motivazioni messe
nero su bianco dal board della «banca vaticana» in un documento a firma
di Carl Anderson.
“Lo attesta monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa pontificia e segretario di Papa Ratzinger, in un’intervista con «Il Messaggero»
pubblicata oggi. Alla domanda se Benedetto XVI fosse all’oscuro della
cacciata di Gotti, Gänswein risponde: «Ricordo bene quel momento, era il
24 maggio. Quel giorno vi fu anche l’arresto del nostro aiutante di
camera Paolo Gabriele. Contrariamente a quello che si pensa, non vi è
nessun nesso tra i due eventi, semmai solo una coincidenza sfortunata,
persino diabolica…».
“Un accenno significativo, questo di don Georg – continuava Tornielli
nel 2013 – . Nel durissimo documento con il quale Gotti venne
licenziato, fatto volutamente filtrare alla stampa, tra le motivazioni
veniva data anche la sua incapacità di spiegare come documenti riservati
e corrispondenza interna dello Ior fosse finita sui giornali. Lasciando
quasi intendere un coinvolgimento del presidente dell’Istituto per le
Opere di Religione in Vatileaks. Le indagini della Gendarmeria vaticana
hanno però verificato che anche gli scambi riservati di email
riguardanti la legge sulla trasparenza vaticana divenuti pubblici
facevano parte dell’archivio di fotocopie ritrovato in casa di Paolo
Gabriele.
«Benedetto XVI – continua Gänswein – che aveva chiamato Gotti allo Ior
per portare avanti la politica della trasparenza restò sorpreso, molto
sorpreso per l’atto di sfiducia al professore. Il Papa lo stimava e gli
voleva bene, ma per il rispetto delle competenze di chi aveva
responsabilità scelse di non intervenire in quel momento.
Successivamente alla sfiducia – aggiunge il segretario di Ratzinger – il
papa, per motivi di opportunità anche se non ha mai ricevuto Gotti ha
mantenuto i contatti con lui in modo adatto e discreto». È probabile che
proprio monsignor Gänswein sia stato il tramite di questi contatti.
Secondo alcune indiscrezioni, poco prima della rinuncia di Benedetto
XVI, era stata decisa una forma di «riabilitazione» del banchiere
licenziato, che poi non si è verificata”.
Nella prima, l’insider del Vaticano (e lo è davvero) afferma che la
cacciata di Gotti Tedeschi – così brutale che lo stesso Gotti Tedeschi
affidò una serie di documenti a sua difesa a un notaio, nel caso “gli
fosse successo qualcosa” – non era stata voluta da Ratzinger, che non
ne sapeva nulla e ne fu addolorato; la seconda versione, il Vatican
Insider sottolinea che Ratzinger rivendica per sé quella cacciata,
“avvenuta con modalità del tutto inedite nella storia della Santa
Sede”, per la misura di inciviltà, malvagità e perfidia nel
tentativo di infamare l’onore professionale del banchiere cattolico.
Ora, noi abbiamo motivi diretti per affermare che la verità è la
prima: Ratzinger fu addolorato dalla cacciata di Gotti Tedeschi,
cacciata di cui non lui era l’autore. Adesso invece nella sua ultima
intervista, Benedetto XVI si attribuisce anche questa mala azione (“E’
stata una mia idea”); azione per di più con caratteri di abiezione e
bassezza, che certo non gli somigliano. Si incolpa di una cattiveria
commessa da altri: di cui, per di più, si può documentare che è falsa. Voleva infatti riabilitare Gotti Tedeschi, e ci sono testimonianze a provarlo.
Excusatio Non Petita
Un autorevole insider mi dice: E’ possibile che Benedetto XVI
faccia dichiarazioni menzognere ed evidentemente false per “falsificare”
tutte le dichiarazioni nella intervista ? Oppure vuole provocare
, con dette dichiarazioni false , reazioni di smentita e precisazioni
? . E perché infine dichiara che non è sotto ricatto? Non è una Excusatio non petita ? per far capire che sotto ricatto effettivamente fu, ed è ancora?
Tornielli ha detto la verità due volte, e passi (è un
giornalista). Ma che cosa induce Benedetto a mentire? Un Papa emerito?
Il motivo dev’essere gravissimo. Quale? Un anno fa, nel settembre
2015, ipotizzai che Ratzinger si fosse dovuto dimettere perché le
potenze mondialiste avevano tagliato fuori la banca vaticana da SWIFT,
il sistema di transazioni finanziarie globali: ciò che rendeva il
Vaticano uno stato-canaglia come l’Iran, e non gli consentiva alcun
pagamento se non in contanti. E difatti, appena le telecamere
ripresero l’elicottero con cui Benedetto XVI si ritirava a
Castelgandolfo, il Vaticano fu ricollegato a SWIFT, i bancomat
ripresero a funzionare…
Può essere stato rudemente invitato ad andarsene, da chi controllava
veramente le finanze vaticane perché la Chiesa sarebbe rimasta a secco
in poche ore? E nunziature e missioni nel mondo non avrebbero potuto
ricevere fondi da Roma? Né Roma ricevere donazioni?
Georg Ganswein alluse, nel luglio scorso, al rapporto malato della
Chiesa tedesca col denaro: in Germania, “Se decidi di non registrarti
più come cattolico” (e non paghi la tassa ecclesiastica) sei fuori.
La Chiesa reagisce con l’espulsione automatica dalla comunità, in
altre parole la scomunica! Questo è eccessivo, incomprensibile. Se metti
in questione un dogma, non importa a nessuno, non ti cacciano. Il non
pagamento della tassa alla Chiesa è un’offesa maggiore alla fede della
violazione dei principi di Fede?” Le casse piene e chiese vuote, questa
forbice è terribile, e non può andare molto più a lungo bene. Se i
registratori di cassa si riempiono ed i banchi si svuotano, ci dovrà
essere un giorno un’implosione. Una chiesa vuota non può essere presa
sul serio”.
A me sembrò una mite e sibillina protesta contro la Chiesa-Mammona;
la Chiesa che tiene più ad esser collegata con Swift che a tenersi
un Papa sgradito alle potenze dietro a SWIFT. Ma forse io sono
troppo sospettoso.
Un’altra voce o tesi, dice che queste stesse potenze vogliono
affrettare la fusione-dissoluzione della Chiesa romana, sacramentale,
nel protestantesimo generico, al “cristianesimo” generico, ridotto
universalismo umanitario, ritenuto il necessario componente del
‘governo mondiale’: operazione a cui Ratzinger esitava, e che Bergoglio
sta compiendo con straordinaria rapidità e specifico zelo.
Ma queste son tutte elucubrazioni cospiratorie. Una cosa è certa:
Benedetto ha ritrattato le affermazioni e le allusioni del suo
segretario che gettavano un’ ombra su Bergoglio; ha fatto di più, fino
ad incolparsi di un’azione abietta che effettivamente non ha commesso.
Chi è stato scagionato da questa auto-accusa? Non sappiamo. Perché
Benedetto mente? Perché deve mentire? Nonostante le sue fragilità, non
credo che lo farebbe se non nella convinzione di evitare alla Chiesa un
danno più grande. Deve avere, in qualche modo, adempiuto a un dovere.
Quale? Non ho risposte.
Invece sento il tono, e persino la terminologia, della Junta
sudamericana nell’ottimismo entusiasta di Ratzinger per le novità
che così poco gli somiglia: “L’elezione di un cardinale
latino-americano significa che la Chiesa è in movimento, è dinamica,
aperta, con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi. Che non è
congelata in schemi: accade sempre qualcosa di sorprendente, che
possiede una dinamica intrinseca capace di rinnovarla costantemente. Ciò
che è bello e incoraggiante è che proprio nella nostra epoca accadono
cose che nessuno si aspettava e mostrano che la Chiesa è viva e trabocca
di nuove possibilità. (…) La Chiesa sta abbandonando sempre più le
vecchie strutture tradizionali della vita europea e quindi muta aspetto e
in lei vivono nuove forme. È chiaro soprattutto che la
scristianizzazione dell’Europa progredisce, che l’elemento cristiano
scompare sempre più dal tessuto della società. Di conseguenza la Chiesa
deve trovare una nuova forma di presenza, deve cambiare il suo modo di
presentarsi”.
E’ il programma ideologico di Bergoglio, espresso con le parole di
Bergoglio, che sembra dettato da Bergoglio: non congelarsi in schemi,
Chiesa in movimento, trabocca di nuove possibilità….Ora, si può
essere d’accordo che “La Chiesa deve trovare nuove forme di presenza”,
sfrondando, abbandonando tradizioni morte, rendendosi dinamica: ma io
personalmente accetterei senza residui questo impulso, non avrei alcun
dubbio sulle innovazioni, se venissero da una persona con una intensa
vita di santità personale. Ma vedo sotterfugi, pressioni, menzogne e
violenze; vedo una tendenza a legarsi al dito, a non perdonare, a farsi
adulare, a godere delle luci mediatiche
Anche oggi i cristiani sono martiri. Lo sono nelle forme sanguinose
che vengono sperimentate. Ma lo sono anche in altre forme, “raffinate,
ma non meno crudeli, legalizzate ma non meno ingiuste”. È la denuncia
del Cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova. Che, nella festa
di San Lorenzo, cui è dedicato il Duomo di Genova, punta il dito contro
l’Europa che “considera il cristianesimo divisivo”, e in un mondo che
“in nome di valori come l’uguaglianza, la tolleranza e i diritti”
pretende “di emarginare il cristianesimo” e di creare “un ordine
mondiale senza Dio”.
Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana muove il suo
ragionamento proprio dalla vita del martire Lorenzo. Lorenzo fu ucciso
dall’imperatore Valeriano nel III secolo, eppure – osserva il Cardinale –
“se osserviamo il mondo, di Valeriani ne troviamo moltitudini”.
“La persecuzione – argomenta – oggi ha assunto molte forme: mentre
continuano quelle classiche, che conosciamo da una storia che si credeva
lontana, oggi si aggiungono forme raffinate, ma non meno crudeli,
legalizzate, ma non meno ingiuste”. Formule di cui l’Occidente “è
esperto, malato come è delle proprie fallimentari ideologie”. E
l’Europa, “il continente dei diritti”, sempre più “discrimina il
cristianesimo, dimenticando che la razza umana è una razza religiosa”.
Per il Cardinale Bagnasco è evidente che la religione fa paura.
Faceva paura all’imperatore Valeriano, fa paura alla classe politica. Ma
“i vari imperatori del mondo possono spogliare la Chiesa da ogni
risorsa, screditarla in ogni modo, ridurla a impotenza nel fare le opere
del Vangelo, ma nessuno potrà toglierle il Vangelo, la gioia del suo
Signore”.
Sottolinea il Cardinale: come Valeriano “illuso della sua potenza” fu
sconfitto da “un uomo inerme”, “nessun potente della terra potrà
possedere per sempre il cuore dell’uomo attraverso la propaganda delle
menzogne, con promesse truccate, democrazie apparenti”. Certo, la
coscienza “può rimanere stordita per molto tempo”, ma prima o poi
“succede qualcosa che la risveglia e la rigenera”.
“Nessuno si illuda, il cristianesimo potrà essere ridotto in visibile
minoranza, ma non potrà mai essere cancellato”, esclama l’arcivescovo
di Genova. Che vede in questa “marginalizzazione del cristianesimo”
dalla sfera pubblica il tentativo di “creare un ordine mondiale senza
Dio, dove le diversità da una parte vengono esaltate e da un’altra
vengono schiacciate”.
Vale per tutti, Europa e mondo. Ma è evidente che il Cardinale
Bagnasco pensa all’Europa quando spiega che “la volontà prepotente di
omologare, di voler condizionare le visioni profonde della vita e dei
comportamenti, il sistematico azzeramento delle identità culturali,
assomigliano non ad un cammino verso una Unione Europea armonica e
solidale, certamente necessaria, ma piuttosto verso una dannosa
rifondazione continentale che i popoli sentono pesante e arrogante, dove
il cristianesimo viene considerato divisivo perché non si prostra agli
imperatori di turno”.
Il giudizio del Cardinale Bagnasco è netto: “La storia attesta che
quando i potenti si concentrano sulla propria sopravvivenza per ragioni
per ambizioni personali, è l’ora della decadenza”. Perché emarginare il
cristianesimo dalla sfera pubblica “è segno non di intelligenza, ma di
paura; è non comprendere, offuscati dai pregiudizi, che la società non
può che averne del bene”. In fondo, nota il presidente della CEI, è “la
luce del Vangelo, e non le inaffidabili maggioranze” ad aver creato “la
civiltà europea e il suo umanesimo”.
Di fronte a un continente che balbetta, il Cardinale si domanda se
“una laicità che diventa laicismo” e “ottusa” possa portare da qualche
parte, e si chiede quali siano i valori di cui si parla tanto. Nel
giorno del martire Lorenzo, la preghiera di Bagnasco è un grido di
speranza: “Il Signore ci aiuti a tornare saggi, di quella saggezza che
non ha paura di Dio”. Perché “la crisi del mondo è innanzitutto una
crisi spirituale”. Ma questo va compreso. “Dobbiamo tornare a pensare
con la nostra testa!”, esclama il Cardinale.
I gesuiti sono sopravvissuti alla bomba atomica grazie al Rosario.
70 anni fa, Hiroshima (Giappone) è stata colpita dalla bomba atomica
in uno degli episodi più drammatici nella storia dell'umanità. Il 6
agosto 1945, festa della Trasfigurazione, molto vicino al luogo in cui
cadde la bomba Little Boy, quattro sacerdoti gesuiti tedeschi
sono sopravvissuti alla catastrofe, e le radiazioni – che hanno ucciso
migliaia di persone nei mesi successivi – non hanno avuto alcun effetto
su di loro.
Questa storia, documentata da storici e medici, è nota come “il Miracolo di Hiroshima”.
I gesuiti Hugo Lassalle, superiore in Giappone, Hubert Schiffer,
Wilhelm Kleinsorge e Hubert Cieslik si trovavano nella casa parrocchiale
della chiesa gesuita di Nostra Signora dell'Assunzione, uno dei pochi
edifici che hanno resistito alla bomba. Al momento dell'esplosione, uno
dei gesuiti stava celebrando l'Eucaristia, un altro stava facendo
colazione e gli altri erano nei pressi della parrocchia.
In base a quanto ha scritto padre Hubert Cieslik, hanno riportato
solo ferite di poco conto a causa dei vetri rotti, ma nessun effetto
delle radiazioni né perdita dell'udito o qualsiasi altro danno.
I medici che hanno assistito i gesuiti alcuni giorni dopo
l'esplosione li hanno avvertiti che le radiazioni avrebbero potuto
provocare loro gravi lesioni, nonché malattie e morte prematura, ma
questa diagnosi non si è mai realizzata.
Non hanno sviluppato alcun disturbo, e nel 1976, 31 anni dopo
l'esplosione della bomba, padre Schiffer si è recato al Congresso
Eucaristico a Philadelphia, ha raccontato la sua storia e ha detto che
tutti e quattro i gesuiti erano ancora vivi e non avevano alcuna
malattia.
I sacerdoti sono stati esaminati da decine di medici circa 200 volte
negli anni successivi, e sul loro corpo non è mai stata rinvenuta alcuna
conseguenza delle radiazioni.
I quattro religiosi non hanno mai dubitato del fatto di aver goduto
della protezione divina, e in particolare della Madonna: “Crediamo di
essere sopravvissuti perché stavamo vivendo il Messaggio di Fatima.
Vivevamo e recitavamo il Rosario quotidianamente in quella casa”, hanno
spiegato.
Padre Schiffer ha scritto “Il Rosario di Hiroshima”, un libro in cui racconta tutto ciò che ha vissuto.
In occasione dei 70 anni dell'esplosione della bomba atomica a
Hiroshima, il vescovo di Niigata e Presidente di Caritas Asia, monsignor
Tarcisius Isao Kikuchi, ha diffuso un messaggio in cui sottolinea che
il Giappone può contribuire alla pace “non con nuove armi, ma con le sue
attività di nobiltà e grande storia nella crescita mondiale, in
particolare nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo”.
Il presule ha aggiunto che “con questo contributo allo sviluppo, che
porta al pieno rispetto e alla realizzazione della dignità umana,
sarebbe molto apprezzato e rispettato dalla comunità internazionale”.
Ogni anno, tra il 5 e il 15 agosto, il Paese celebra una Preghiera per
la Pace.
A Hiroshima e Nagasaki (l'altra città sulla quale è stata sganciata
la bomba atomica) sono morte circa 246.000 persone, la metà delle quali
al momento dell'impatto e il resto qualche settimana dopo per gli
effetti delle radiazioni.
La bomba di Hiroshima ha coinciso con la solennità della
Trasfigurazione del Signore, e la resa del Giappone è avvenuta il 15
agosto, solennità dell'Assunzione della Vergine Maria.
Sacerdoti trascinati di peso dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Nella Francia del sangue sparso sull’altare di Saint-Etienne-du Rouvray, a Rouen, capita anche questo.
A pochi giorni dall’efferata esecuzione di padre Jacques,
sgozzato dentro la sua chiesa da due terroristi, Parigi sgombera senza
troppe smancerie una trentina di persone accorse per salvare dalla
demolizione la chiesa di Santa Rita, ex edificio sacro dove la pratica
religiosa non è mai stata abbandonata.
A rue François Bonvin, nel 15 ° arrondissement parigino, la
celebrazione della messa viene interrotta dall’irruzione degli agenti.
Un gruppo di sacerdoti, spalleggiati da un drappello di fedeli, cerca di
resistere senza nessun risultato se non quello di esser trascinati via
come corpi morti, coi talari che sfregano sul pavimento, davanti agli
occhi increduli dei presenti.
Il caso della “chiesa occupata” nasce 15 anni fa,
quando Les Chapelles Catholiques et Apostoliques, associazione belga
titolare dell’immobile, mette in vendita le mura. L’autorizzazione alla
cessione della proprietà arriva nel 2010, anno in cui il Tar francese dà
il via libera all’alienazione del locale stabilendo l’inesistenza di
ostacoli di natura artistica o urbanistica.
Dopo tre anni si affaccia l’immobiliare Garibaldi
che acquista lo stabile di 720 mq e, con esso, la proprietà di Santa
Rita alla cifra di tre milioni di euro. Oggi la società è determinata a
completare il suo progetto. Santa Rita verrà rasa al suolo e sulle sue
rovine sorgerà una distesa d’asfalto destinata a diventare un’area di
parcheggio.
Proprio così: una colata di cemento nero seppellirà un luogo che –
prima ancora d’esser “casa” spirituale per molti fedeli – è quel
“simbolo dell’identità cristiana ed europea” attraverso cui, secondo Gian Micalessin, passa “la conquista di Roma” minacciata da Daesh.
Le sequenze del “rastrellamento” di Santa Rita sembrano estratte da
un video delle bandiere nere, tanto che arriva la scomunica della leader
del Front National. “E se facessimo dei parcheggi sul luogo delle
moschee salafite piuttosto che distruggere le nostre chiese?”, domanda
Marine Le Pen. Alla numero uno del Front National fa eco la nipote
Marion, punto di riferimento della cordata conservatrice del Fn. “Prete
trascinato da terra, chierichetti arrestati… il governo pronto a tutto
per evacuare e radere al suolo la chiesa di Santa Rita mentre non fa
nulla contro le moschee salafite” twitta la più giovane dei Le Pen.
La Police Nationale minimizza. “Trenta persone hanno cercato di
opporsi allo sgombero. La loro evacuazione – si legge in un comunicato –
è stata completata senza incidenti”. Eppure, le immagini choc
continuano a rimbalzare nel cyberspazio da stamattina. Tanto che Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, al telefono con Gli Occhi della Guerra,
si domanda: “È Parigi o Mosul?”. “Immagini simili – racconta Monteduro –
si vedono quotidianamente nelle roccaforti del Califfato, in Cina o in
Corea del Nord”.
Eppure, chi osserva attentamente le dinamiche d’Oltralpe sa
perfettamente che l’episodio di questa mattina è solo l’ultimo pezzetto
di un puzzle che, spiega il direttore di ACS Italia, racconta
“l’inesorabile processo di decristianizzazione dell’Europa”. Un processo
che, secondo Monteduro, parte proprio dalla Francia assediata – non a
caso – dal terrorismo internazionale. Nella lunga lista di “episodi
Mosul” elencati da Monteduro, c’è anche l’affissione della Carta della
laicità, all’inizio dell’anno scolastico 2012-2013. Il testo, diramato
in tutte le scuole di Francia, bandisce dalle classi transalpine i
simboli di tutte le religioni. Secondo il direttore di ACS, così facendo
si “allontana il sacro dalla sfera pubblica per abbandonarlo alle
distorsioni del fondamentalismo”.
"Le leggi di Francia non riconoscono piú il Creatore, ma il
Creatore si farà conoscere e la visiterà per tre volte con
la verga del suo furore. La prima volta, Egli abbatterà la sua superbia
con le sconfitte, con il saccheggio e con la strage dei raccolti, degli
animali e degli uomini. La seconda volta, la grande prostituta di Babilonia,
quella che i buoni chiamano il "Postribolo d'Europa", sarà privata
del capo, in preda a disordini! Parigi… Parigi! Invece di armarti nel nome
del Signore, tu ti circondi di case di immoralità! Ma esse saranno
distrutte da te stessa! L'idolo tuo, il Panteon, sarà incenerito,
affinché si avveri che mentita est iniquitas sibi (l'iniquità
ha mentito a sé stessa). I tuoi nemici ti metteranno nelle angustie,
nella fame, nello spavento e nell'abominio delle nazioni. Ma guai a te
se non riconoscerai la mano di chi ti percuote! Io voglio punire l'immoralità,
l'abbandono, il disprezzo della mia legge! La terza volta, tu cadrai in
mano straniera: i tuoi nemici vedranno da lontano i tuoi palazzi in fiamme,
le tue abitazioni divenute un mucchio di rovine, bagnate dal sangue dei
tuoi prodi che non sono piú! Ma ecco un gran guerriero dal Nord
che tiene, nella sua mano destra, uno stendardo sul quale è scritto:
"Irresistibile mano del Signore!". In quell'istante il venerabile Vegliardo del Lazio gli andò
incontro, sventolando una fiaccola ardentissima. Allora, lo stendardo si
dilatò, e di nero che era divenne bianco come la neve. Nel mezzo
dello stendardo, in lettere d'oro, stava scritto il nome di COLUI che tutto
può! Il guerriero e i suoi si inchinarono, profondamente, davanti
al Vegliardo, e si strinsero le mani. "
Il pontefice, per evitare il rapimento, avrebbe dovuto nascondersi nella Torre dei Venti.
Nell'inverno tra il 1943 e il 1944 Roma era una città aperta ma de facto sotto il controllo della Wehrmacht.
E gli occupanti nazisti si stavano seriamente chiedendo cosa
fare del Papa, tanto più che gli alleati si stavano avvicinando
rapidamente. Iniziarono a circolare piani per il rapimento del
pontefice, la così detta operazione Rabat (nota in tedesco anche come
Aktion Papst). I dettagli di questa operazione (ma forse di azione se ne
pianificò più d'una) non sono mai stati chiariti del tutto. Nel corso
del tempo, soprattutto grazie alla testimonianza del generale tedesco
delle SS Karl Wolff, se ne sono delineate le linee generali. Durante il
processo di Norimberga disse che Hitler stava già pensando di rapire il
papa nel settembre del '43. Secondo altri storici, l'idea di partenza
non fu nemmeno di Hitler, bensì di Léon Degrelle. Capo dei nazisti
belgi, aveva fondato il movimento rexista che fondeva l'antisemitismo a
un cattolicesimo di facciata. A inizio '44, Degrelle mise a punto il
progetto di rapire Pio XII per deportarlo in Germania e magari
costringerlo a firmare un'enciclica filo nazista. Il piano fu presentato
a Hitler: agenti delle SS avrebbero dovuto travestirsi da sionisti e
partigiani per sequestrare Pacelli. Dopo di che, la Wehrmacht avrebbe
compiuto un «salvataggio» per portarlo in Germania. A una operazione
molto simile lavorarono probabilmente Karl Wolff, generale delle SS, e
il generale Wilhelm Burgdorf. Pare che le prime esercitazioni dei
rapitori fossero in corso nei dintorni del castello di Bracciano quando
la loro presenza venne notata e forse il Vaticano, nella persona di
monsignor Montini (ovvero il futuro papa Paolo VI), fu informato. Sino a
qui quanto si sapeva sino a oggi, una sciarada che per altro alcuni
storici, come Owen Chadwick (1916-2015), hanno contestato.
Ora
però L'Osservatore Romano ha pubblicato, mercoledì, uno scritto inedito
che consente di fare luce sulla vicenda e lascia capire che certamente
il Vaticano fosse al corrente del piano. Convinto della sua
pericolosità, prese le sue contromisure. Il testo è stato recuperato tra
le carte di Antonio Nogara (1918-2014) unico figlio di Bartolomeo, che
fu direttore dei Musei vaticani dal 1920 sino alla morte, nel 1954.
Nogara racconta che in una fredda notte tra il gennaio e il febbraio del
1944 suo padre ricevette una visita notturna di monsignor Montini.
Subito dopo i due uscirono frettolosamente. Perché? Nogara lo apprese il
pomeriggio seguente. «Mio padre ci svelò che l'ambasciatore del Regno
Unito Sir Francis d'Arcy Osborne e l'Incaricato d'affari degli Stati
Uniti Harold Tittmann avevano congiuntamente avvertito monsignor Montini
di aver avuto notizia, da parte dei rispettivi servizi militari
d'informazione, di un avanzato piano tedesco per la cattura e la
deportazione del Santo Padre con il pretesto di porlo in sicurezza sotto
l'alta protezione del Führer». I due diplomatici assicurarono la
disponibilità degli alleati a intervenire in soccorso del Pontefice, se
necessario anche con un aviolancio di truppe. Fu così che Montini e
Nogara Senior si affrettarono a cercare un luogo adatto per nascondere
Sua santità. Dopo affannose ricerche, dalla Galleria lapidaria alla
Biblioteca vaticana, localizzarono il luogo adatto: la Torre dei Venti.
Le sue molte stanzette erano perfette.
Giorni dopo il pericolo
sembrava rientrato. Nogara confidò al figlio che: «Il piano di Hitler
era già da tempo noto a conoscenza del Vaticano, che era stato allertato
da riservate indiscrezioni tedesche di persone ostili al piano in
questione». Erano stati probabilmente gli stessi diplomatici tedeschi a
Roma a convincere Hitler a non giocare questa carta. Non ebbe poi la
possibilità di ripensarci perché l'avanzata degli alleati, ormai
inarrestabile, liberò la città tra il 4 e il 5 giugno del 1944. La lunga
testimonianza di prima mano di Nogara, però, conferma in maniera
definitiva che il piano tedesco esisteva. Almeno secondo Montini e la
Santa sede.