Cavalleria Cristiana

"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena

giovedì 29 giugno 2017

Charlie Gard: occidente marcio fino al midollo

Durante il suo pontificato San Pio X affermò: "Oggi più che mai il regno di Satana risiede nella mollezza dei cristiani". Si parlava di un secolo fa. Possiamo dunque affermare che nei tempi odierni, sempre più bui, la vita di un bambino gravemente malato  non riesce ad esser salvata per la totale assenza della nostra fede, che potrebbe essere capace di smuovere le montagne? Questo è possibile. Se Charlie Gard dovesse morire, ci auguriamo che il suo sangue da martire possa risvegliare le nostre anime e renderci dei veri guerrieri, soldati di Cristo, contro questo nichilismo imperante, contro quest'occidente apostata di se stesso e non più al tramonto, ma nella sua notte più buia.
Affidiamo l'anima di Charlie alla protezione dei santi Pietro e Paolo, di san Giovanni Battista e santo Stefano martire, perché lo possano accompagnare alla gloria di nostro Signore Gesù Cristo e di Dio Padre Onnipotente. E perché possano intercedere per il perdono di tutti noi, che non abbiamo fatto abbastanza per salvare la sua vita innocente.

Vogliamo proporre ora, tra i tanti articoli scritti, quello che ci ha colpito di più, a firma di Mauro Bottarelli:

Onore a Charlie, guerriero “difettato” che morirà da vivo. In un mondo di falsi vivi, già morti dentro.

Pochissimi media hanno messo in evidenza una notizia arrivata ieri e, giocoforza, quasi tutti di ispirazione cattolica. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo si è pronunciata sulla vicenda del piccolo Charlie Gard, affetto da una rara malattia genetica e ha dato ragione ai medici: si possono sospendere le cure che tengono in vita il bambino, nonostante l’opposizione dei genitori. Insomma, in un mondo che vede come massima espressione di progresso e giustizia lo ius soli, si arriva al paradosso di santificare una carta d’identità (e, più importante, in prospettiva una certificato elettorale) e di gettare nell’immondizia quanto di più sacro esista, al di là del credo religioso: il rapporto naturale e carnale tra genitori e figli. Insomma, quella brutta parola chiamata famiglia. Già, la famiglia, quella che anche i gay hanno il diritto di avere, figli contro-natura compresi, tanto ci sono le fabbriche di desideri in India o negli Stati Uniti, 50mila dollari e l’incubatrice umana è pronta a soddisfare ogni capriccio.

E poi ci sono Chris e Connie, papà e mamma di Charlie, i quali da ieri hanno una certezza: i giudici della Corte dei diritti di Strasburgo hanno deciso che loro figlio deve morire, perché è un surplus di vita in un mondo troppo razionale e moderno per accettare oggetti difettati. La sentenza di ieri mette infatti la parola fine a una lunga battaglia giudiziaria: conferma le decisioni prese dai tribunali britannici di staccare la spina al piccolo Charlie e ritira le misure preventive ordinate il 19 giugno scorso. Charlie deve morire, in nome del diritto e della scienza che non sa accettare i propri limiti: ovvero, che non si vive e non si muore solo in base all’esistenza di una cura o di un vaccino, si vive e si muore anche come testimonianza dell’umano e del mistero che esso porta con sé. E questo vale, paradossalmente, di più per chi come me non può appoggiarsi alla fede: negare una trascendenza, un senso di divino e di superiore, la necessità ontologica di una dimensione spirituale dell’uomo, equivale a negare la vita stessa.


La storia di Charlie è tanto breve quanto enorme. Nato il 4 agosto del 2016, gli è stata diagnosticata una rara malattia genetica, la sindrome di deperimento mitocondriale, la quale provoca il progressivo e inesorabile indebolimento dei muscoli. Per i medici del Great Ormond Street Hospital, il più importante ospedale pediatrico inglese, in cui il piccolo è stato ricoverato, la malattia è incurabile. Il piccolo Charlie, che è ricoverato in terapia intensiva, intubato e tenuto in vita da una macchina che lo fa respirare e nutrire, non ha speranze di sopravvivere a lungo. Per i dottori sarebbe meglio staccare la spina e evitargli ulteriori sofferenze. Ma i genitori si oppongono e tentano in tutti i modi di tenere in vita il loro figlio, dando vita a una battaglia giudiziaria. Volevano anche provare a sottoporlo a un trattamento sperimentale negli Stati Uniti e hanno lanciato una raccolta fondi per sostenere le spese, arrivando a raccogliere, ad aprile, 1,25 milioni di sterline da oltre 80mila donatori.

Quando il 12 aprile scorso l’Alta Corte inglese ha stabilito che i medici potevano staccare la spina, Connie Yates e Chris Gard hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani, sostenendo che l’ospedale ha bloccato l’accesso a un trattamento per mantenere in vita il piccolo negli Stati Uniti, violando così il diritto alla vita e anche quello alla libertà di movimento, e denunciando, inoltre, le decisioni dei tribunali britannici come “un’interferenza iniqua e sproporzionata nei loro diritti genitoriali”. Ieri, poi, la sentenza di Strasburgo. Sentenza di morte, come tanto va di moda in questo periodo. Come dimenticare gli alti lai in onore di Thanatos quando Marco Cappato ha posto fine alle sofferenze di DJ Fabo, accompagnandolo a morire in Svizzera: sembra il 25 aprile della dignità umana e del giusto trapasso, una festa lugubre e laica di celebrazione della morte come inizio di una nuova vita liberata. Se ci pensate, è lo stesso pensiero che hanno in testa i martiri jihadisti che tanto ci fanno paura e contro cui opponiamo gessetti colorati, arcobaleni, concerti rock e mille altri, futili inni alla vita. Più che altro, inni al consumismo di una vita vuota che – giunta al suo limite scientifico – invoca la morte dignitosa. La stessa cosa che ha fatto l’altro giorno la figlia di Stefano Rodotà, la quale si è sentita in dovere di ringraziare i medici che hanno assistito il padre negli ultimi giorni, poiché – avendo li difeso i diritti per tutta la vita – gli hanno riconosciuto il diritto a non soffrire. 

Già, la sofferenza. Soffrire significa dolore, è una condizione che nessuno vuole patire. Ma sofferenza significa anche lotta, battaglia. E Charlie rappresenta, nella sua inconsapevole lotta per la vita che non ha e non avrà, l’ultimo guerriero di un Occidente ormai marcio nel midollo e, per questo, speranzoso di un ricambio etnico che dia nuovo sangue alla sua patibolare andatura verso il Nulla plastificato del moderno. In quale mondo un tribunale di meri esecutori del diritto può prendere una decisione che sovrasti quella dei genitori, quando si parla di vita o morte di un bambino? Quale mondo faustiano pone come limite, come confine tra giusto e sbagliato, la cartella clinica di un ospedale, fosse essa redatta anche dal più grande luminare vivente? Perché Charlie deve morire, adesso e in fretta?

Forse perché quel cuoricino che batte ha in sé la forza di un leone che ci fa sentire piccoli, pavidi e pusillanimi di fronte alla guerra quotidiana che non abbiamo più il coraggio di combattere? Forse perché quell’orsacchiotto che sta sempre con lui ci ricorda che esiste sempre una speranza a cui aggrapparsi per non arrendersi, fosse anche una speranza vana in partenza? Vogliamo davvero un mondo di toghe e camici che decidano del nostro destino in base a diagnosi e sentenze che creano un precedente? Charlie è vivo, anche se la sua vita non è come la nostra: chissà se sente qualcosa, magari dolore? Chissà se intuisce qualcosa, se almeno vede i colori e il buio che scende quando arriva la sera? Sicuramente sente il calore di mamma e papà, sempre lì accanto a lui: è questo che fa paura a questa immondizia di mondo che stiamo costruendo a colpi di sentenze e bio-testamenti, il Mistero.

Già, il senso di mistero che sta dentro la mano di una madre che tiene quella del figlio, infondendogli quella medicina non catalogata dagli enti preposti alla salvezza clinica e sanitaria dell’uomo: la Fede. Non in Dio, sia esso Allah o Visnù o Paperoga ma nella forza della vita contro la morte, nel valore stesso della battaglia, nell’onore della sconfitta che passa attraverso il sangue, i tagli, il dolore e le cicatrici. E’ redenzione, quanto di più laico e quasi blasfemo esista in questo mondo di teologi della morte spacciata per diritto assolutista. Un mondo che invoca il diritto alla speranza per i bambini che arrivano sui barconi dalla Libia ma che la nega al piccolo Charlie, oltretutto essendo così infame e codardo da nascondersi dietro sentenze di tribunali e pareri medici, quindi ammantando la sua condanna a morte come scelta nel bene del bambino, una fine dell’accanimento terapeutico che dovrebbe rientrare nell’ambito del concetto sacrale di pietas.

Charles Peguy diceva che “la speranza è una bambina irriducibile”, molto più importante delle sorelle più anziane, ovvero fede e carità. Una bambina che “va ancora a scuola/e che cammina/ persa nelle gonne delle sue sorelle… E? lei, quella piccina, che trascina tutto/perché la fede non vede che quello che è/e lei vede quello che sarà/la Carità non ama che quello che è/ e lei ama quello che sarà/Dio ci ha fatto speranza”. Peguy era cattolico e diceva che “Cristo passa meglio attraverso le ferite” ma non serve scomodare né Cristo, né ogni altro concetto di divino per capire che il piccolo Charlie rappresenta l’Occidente che non voleva arrendersi e che, invece, viene piegato dalle stesse leggi che dovrebbero proteggerlo e tutelarne l’avvenire, fosse anche un avvenire di poche settimane o mesi. I burocrati kafkiani di Strasburgo vogliono uccidere la speranza che Charlie incarna, perché finché ci saranno un padre e una madre pronti a tutto per il proprio figlio, anche a scalare la montagna dell’insondabile e dell’irrazionale, il mondo avrà un appiglio per i giorni bui.

Qui, invece, si vuole che il buio trionfi. Che la paura trionfi. Che la distruzione di ogni concetto di fede e spiritualità trionfi. Ineluttabilità del declino, spacciata per giacobinismo illuminante del diritto a tutto, via sentenza o diagnosi, deve essere la nostra nuova legge.

E Charlie rappresenta un intoppo a questo piano, perché Charlie rappresenta [...] la volontà di non arrendersi, la gioia della lotta nella consapevolezza della sconfitta, il pugnace spirito di chi non ha paura di combattere una battaglia impari, anzi ne riconosce la grandezza in fronte a se stesso, prima che al destino o a un Dio a cui votarla. Quando in quel lindo e straordinario ospedale londinese staccheranno i macchinari a Charlie e il suo piccolo cuore cesserà di battere, anche il nostro correrà un po’ meno. Quando Chris e Connie lo stringeranno per l’ultima volta, saremo noi a dire addio al residuo di umano che poteva ancora salvarci, nonostante ogni giorno porti la sua pena, sempre un po’ più grande.

Onore a te, quindi, piccolo guerriero che china il capo. Non per scelta ma per imposizione del nuovo Ordine della paura e della morte, supremo motore immobile del nostro declino. I tuoi pugnetti chiusi e i tuoi occhi “difettosi”, che scrutano la vita senza capirla, saranno le nostre armi. Micidiali e impietose col nemico. E chi preferirà restare comodamente sul divano, piuttosto che affrontare il destino a viso aperto, pagherà il prezzo più alto. Quello di dover vivere da morto. Non come Charlie, che morirà da vivo. E a testa alta. 

MAURO BOTTARELLI

Dal libro dell'Apocalisse:

[9]Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. [10]E gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello". [...]
[13]Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?". [14]Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. [15]Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. 
[16]Non avranno più fame, né avranno più sete, né li colpirà il sole, né arsura di sorta, [17]perché l'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi". 
(Ap 7, 9-10, 13-17)

 

Fonte: https://www.rischiocalcolato.it/2017/06/onore-charlie-guerriero-difettato-morira-vivo-un-mondo-falsi-vivi-gia-morti-dentro.html 

 

domenica 18 giugno 2017

L’immigrazione, la Chiesa e l’Occidente. Parla Ettore Gotti Tedeschi







A seguito del martellante dibattito sull'acquisizione della cittadinanza italiana, gonfiato dagli organi di stampa per ordini ricevuti, vogliamo riportare un'intervista di un paio di mesi fa ad Ettore Gotti Tedeschi. Speriamo possa servire a far rivalutare certe posizioni che ci lasciano molto perplessi.


L'ex banchiere Ior spiega a Formiche.net come le vere cause del fenomeno migratorio non siano affatto quelle economiche.
 
 
Le motivazioni economiche non bastano a spiegare l’immigrazione di massa. E’ un fenomeno “previsto e voluto per modificare la struttura sociale e religiosa della nostra civiltà, in pratica, per ridimensionare il cattolicesimo”. Sono parole messe nero su bianco da Ettore Gotti Tedeschi nell’Ottavo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo curato dall’Osservatorio internazionale card. van Thuân sul tema immigrazione. L’economista e banchiere cattolico, già presidente Ior, ha affidato a un breve saggio le sue valutazioni, che dopo la presentazione del Rapporto a Roma hanno suscitato alcune critiche (qui e qui) insieme a commenti positivi.

Gotti Tedeschi, nel suo intervento lei parla di una “correzione fraterna” ad alcune istituzioni ecclesiali che non avrebbero compreso il problema dell’immigrazione. In cosa consiste questa correzione?
Sono rimasto preoccupato della solerzia umanitaria piena di toni emotivi che tende a ignorare i numeri del fenomeno e non affronta le cause del problema. Si direbbe infatti che ci siano tre “tabù” che oggi non si devono o possono affrontare razionalmente e in modo completo: il problema della natalità, dell’ambiente e delle migrazioni. Si direbbe che ci sia una volontà superiore, diffusa ed imposta, che non vuole che si discutano questi tre tabù. Così come si direbbe che ci siano “controllori” pronti ad usare ogni mezzo, inclusa l’intimidazione, affinché su questi tabù si accetti un pensiero unico: basta nascite perché l’uomo distrugge l’ambiente, facilitiamo perciò l’immigrazione perché è la miglior soluzione. Ci sono molti punti non chiari su tutti e tre i tabù, ma per rimanere in tema è bene sapere che i dati e le informazioni sulle immigrazioni regolari sono influenzati da accordi o “ricatti economici” con nazioni di partenza migrazioni. I dati e le informazioni sulle immigrazioni irregolari sono ancor meno chiari; si pensi che gli sbarchi irregolari in Italia nel 2016 (181.436) sono stati quaranta volte quelli del 2010 (4.406). E  ci si renda conto che il fenomeno della clandestinità è in aumento e  fuori controllo. Nel 2015 lo status di rifugiato è stato riconosciuto solo per il 5% dei casi, il 36% ha ricevuto assistenza umanitaria ed il 59% è stato rifiutato, ma non si sa dove sia. E si tratta di più di 100mila persone (su 153.842 sbarcati). Nel 2016  il dato è cresciuto, sono arrivate via mare 181.436 persone (18% in più del 2015) e gli irregolari espulsi con riaccompagnamento nel Paese di origine sono stati solo il 5%. In pratica, la cosiddetta clandestinità cresce ad un ritmo di 100mila unità all’anno, e i Paesi confinanti con il nostro ostacolano gli espatri.  Si tratta di dati forniti dall’Alto Commissariato dell’Onu sui rifugiati.

Perché non bastano le ragioni economiche per spiegare il fenomeno migratorio?
Il fenomeno migratorio viene spiegato, o meglio lasciato intuire, con tre principali cause: i conflitti, la povertà, il bisogno di manodopera. E’ evidente che queste tre cause esistono, ma da cosa sono spiegate, e se possano esser risolte, non viene quasi mai discusso. Prendiamo il primo, i conflitti. Fino ad una decina di anni fa venivano “spenti” praticamente sul nascere, poi si direbbe che siano stati tollerati (o persino provocati, si pensi alla Libia), mentre la vendita di armi verso vari Paesi cresceva e si ritiene che queste armi possano esser servite all’Isis. I conflitti che hanno generato migrazioni potevano esser soffocati o no? Prendiamo la seconda causa, la crescita della povertà. Non appare così vero il problema, se guardiamo i flussi migratori. Quelli provenienti da Paesi in vere difficoltà economiche sono tra il 5 e il 10%. Ma è importante notare come questa povertà sia anche dovuta a nostre mancanze negli ultimi dieci anni. Si vada a vedere le conclusioni del famoso G8 per l’Africa dove ci impegnavamo a sostenere investimenti e esportazioni dai Paesi poveri; che abbiamo fatto? Praticamente nulla. Infine, il bisogno di manodopera; il gap di popolazione per il crollo demografico rende necessarie le migrazioni? Ma chi o cosa ha provocato questo gap che oggi pretende di gestire? Chi ha imposto il crollo della natalità in Occidente e ora pensa di compensarlo con immigrazioni? In un momento di crisi economica, con un tasso di disoccupazione nel nostro Paese come l’attuale? Con un costo di accoglimento così gravoso per il nostro bilancio?
Io ho parlato dell’esigenza di chiarire le vere cause del problema, che altrimenti non si risolve, anzi si aggrava. I dubbi sul fatto che si vogliano disconoscere queste vere cause stanno anche nella confusione che regna in Europa. Si è mai pensato come mai i migranti siano prevalentemente giovani e sani? I meno giovani non temono i conflitti e la fame?

Veniamo al punto. Lei ha scritto che c’è un disegno per “ridimensionare il cattolicesimo”, ha parlato di un progetto di re-ingegnerizzazione gnostica del mondo che ha un nemico dichiarato: la Chiesa cattolica, e lo ha fatto citando il segretario dell’Onu Ban Ki-moon e il Rapporto Kissinger del 1974. Perché la Chiesa cattolica è il bersaglio?
Io credo proprio che il fenomeno migrazioni sia una delle (peggiori) conseguenze dei fallimenti del cosiddetto Nuovo Ordine economico Mondiale instaurato negli anni Settanta per regolare il necessario processo di globalizzazione. Invito a riflettere sul fatto che tutti gli obiettivi del Nuovo Ordine non solo non si son realizzati, ma si è prodotto esattamente il contrario: si volevano estinguere tutte la cause di conflitti, diseguaglianze, povertà, intolleranza religiosa, totalitarismi, e si è prodotto il risultato opposto, incluso un processo di migrazione forzato. Il vero grande “successo” del Nuovo Ordine è stato aver creato una crisi economica globale, a sua volta origine di altre conseguenze dannose. Dobbiamo poi riconoscere che c’è stato un altro “vero successo”: quello legato al processo dichiarato di relativizzazione delle fedi religiose, mirante alla laicizzazione delle stesse, con conseguente crollo dei valori morali e cambiamenti all’interno della Chiesa cattolica. Se osserviamo le conseguenze di questi fatti osservati, non possiamo non riflettere sul rischio (per alcuni) o opportunità (per altri) di una processo di reingegneria socio-religiosa ispirata certamente, e direi anche gestita. Se poi avessimo anche la pazienza di andarci a rileggere le dichiarazioni fatte dai leader internazionali negli ultimi quaranta anni, troveremmo materia di analisi sul fatto che “nulla succede per caso”. Non parliamo di teorie di complotto, parliamo di fatti.

Leggendo il suo saggio, viene da pensare che la stessa Chiesa cattolica finita sotto attacco non abbia capito quanto sta accadendo. E’ così?
Il cattolicesimo è una fede assoluta e dogmatica che pretende doveri verso il Creatore. Il mondo laicista non tollera questi “doveri”. Vede, il progetto di Nuovo Ordine Mondiale prevedeva più obiettivi strategici che andavano dal controllo delle nascite ai nuovi paradigmi etici verso le fedi religiose più dogmatiche, al fine di avere una sola grande religione universale. Negli ultimi quarant’anni non si è fatto altro che discutere sui nuovi obiettivi per l’umanità, poi abbiamo avuto l’11 settembre e tutto è cambiato, si è gestita opportunisticamente l’emergenza… Si è lasciato ben intendere che i diritti civili che il mondo meritava non avevano nulla a che fare con quelli insegnati dalla morale cattolica tanto che il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità arrivò a spiegare che l’etica cristiana non avrebbe più dovuto esser applicata in futuro. E Obama nel 2009 dichiarò che la salute è benessere psico-bio-sociale, e via ad aborto senza restrizioni, eutanasia grazie a limitazione cure, negazione al diritto di coscienza. Era evidente che il cattolicesimo era sotto attacco, no? Poi il segretario dell’Onu Kofi Annan nel suo storico discorso ai leader religiosi a New York nel 2000 arrivò a parlare di una esigenza di sincretismo religioso per creare una nuova religione universale, spiegando che i processi di immigrazione avrebbero aiutato questo progetto…

La Chiesa è rimasta a guardare?
Io non mi permetto di criticare le istituzioni ecclesiastiche, tantomeno il Papa; che mai potrebbe dire di diverso il Papa, se non esortare alla carità? Semmai resto perplesso di fronte ad affermazioni fatte da illustri membri di istituzioni che sembrano voler ignorare le cause e fanno proposte genericamente umanitarie, prescindendone. Ha mai visto risolvere un problema agendo sugli effetti anziché sulle cause? Come si può pensare di risolvere problemi di miseria materiale e sociale senza risolvere prima i problemi morali? Ma questi illustri ecclesiastici hanno letto e meditato su Caritas in Veritate e Lumen Fidei? E poi trovo sbagliato usare considerazioni morali-umanitarie facendo riferimenti sacri.

Qualcuno l’ha attaccata dicendo che con le sue teorie va contro il messaggio di Papa Francesco e si avvicina alle tesi di Trump e Salvini. Come risponde?
Avrà notato che da qualche tempo nel nostro Paese si son sviluppati due sport: gli “interpretatori del Santo Padre” e i “cacciatori dei dissidenti” (veri o inventati) del pensiero del Papa. Mancando argomenti inventano similitudini suggestive ed offendenti.