Cavalleria Cristiana

"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena

mercoledì 12 giugno 2013

«In Vaticano corruzione e lobby gay»

di Andrea Tornielli
 

I vertici dei religiosi latinoamericani (CLAR) riferiscono di un'udienza durante la quale Francesco ha parlato anche della riforma della Curia

 Nella Curia c'è gente santa, davvero», ma c'è anche una «corrente di corruzione». Sono parole attribuite al Papa dai vertici della CLAR, la Confederazione Latinoamericana di Religiosi, ricevuti in udienza privata da Francesco lo scorso 6 giugno nella biblioteca vaticana. I contenuti del  dialogo, sono stati resi noti dagli stessi religiosi su un sito cileno.

Secondo quanto riportato dai religiosi latinoamericani il Papa ha fatto anche un cenno alla «lobby gay» in Vaticano: «Si parla di una "lobby gay" e in effetti c'è... bisogna vedere che cosa possiamo fare». Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi ha detto di non avere «alcuna dichiarazione da fare sui contenuti della conversazione», dato che si trattava di  «un incontro di carattere privato» e dunque non è stato registrato né trascritto.


Secondo i vertici della CLAR, Francesco avrebbe incoraggiato i religiosi ad «avanzare verso nuovi orizzonti», senza paura «di correre rischi andando verso i poveri e i nuovi soggetti emergenti nel continente». Anche se «vi arriva una lettera della Congregazione per la dottrina, affermando che aveva detto questa o quella cosa... Non preoccupatevi. Spiegate quello che dovete spiegare, però andate avanti... Aprite porte, facendo qualcosa là dove la vita chiama. Preferisco una Chiesa che si sbaglia per fare qualcosa che una che si ammala per rimanere rinchiusa...».


Il Papa, secondo quanto riferisce la CLAR, ha parlato anche della sua elezione: «Non ho perso la pace in nessun momento e questo, sapete? non è mio, io sono uno che si preoccupa e che diventa nervoso... Ma non ho perso la pace in nessun momento. Ciò mi conferma che è qualcosa che viene da Dio».


Riguardo ai suoi gesti e alla decisione di abitare a Santa Marta, Francesco ha detto: «Lo faccio perché ho sentito che era ciò che il Signore voleva. Ma questi gesti non sono miei, c'è un Altro qui...»

«Sono venuto a Roma solo con pochi vestiti, li lavavo di notte, e all'improvviso questo... Ma se io non avevo alcuna possibilità! Nelle scommesse di Londra stavo al quarantaquattresimo posto, immaginatevi. Chi ha scommesso su di me ha guadagnato moltissimo denaro...».


Francesco, dopo aver ripetuto che la morte di un barbone non fa notizia mentre la fanno tre punti persi dalla Borsa, ha accennato all'aborto: «Bisogna andare alle cause, alle radici. L'aborto è un male, e questo è chiaro. Ma che cosa c'è dietro l'approvazione di questa legge, che interessi ci sono dietro... a volte sono le condizioni che pongono i grandi gruppi per dare appoggi economici. Bisogna andare alle cause, non fermarci solo ai sintomi. Non abbiate paura di denunciarlo... avrete problemi, ma non abbiate paura di denunciare, questa è la profezia della vita religiosa».


Bergoglio ha poi condiviso con i religiosi, secondo la trascrizione del colloquio, due «preoccupazioni». Una è la «corrente pelagiana che c'è nella Chiesa in questo momento». Un riferimento ad alcuni «gruppi restauratori». «Ne conosco alcuni, mi è capitato di riceverli a Buenos Aires. Uno ha l'impressione di tornare indietro di 60 anni! Prima del Concilio...». Il Papa avrebbe quindi riferito questo episodio: «Quando mi hanno eletto, ho ricevuto una lettera da uno di questi gruppi e mi dicevano: "Santità, le offriamo questo tesoro spirituale, 3.525 rosari". Non dicono preghiamo per lei, chiediamo... ma questo tenere una contabilità...».


Questo accenno al «pelagianesimo» delle correnti più tradizionali sembra riecheggiare le parole dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, che durante un corso di esercizi spirituali tenuti nel 1986 (pubblicati nel 2009 con il titolo «Guardare Cristo: esempi di fede, speranza e carità», Jaca Book) aveva affermato: «L'altra faccia dello stesso vizio è il pelagianesimo dei pii. Essi non vogliono avere nessun perdono e in genere nessun vero dono di Dio. Essi vogliono essere in ordine: non perdono ma giusta ricompensa. Vorrebbero non speranza ma sicurezza. Con un duro rigorismo di esercizi religiosi, con preghiere e azioni, essi vogliono procurarsi un diritto alla beatitudine. Manca loro l'umiltà essenziale per ogni amore, l'umiltà di ricevere doni a di là del nostro agire e meritare...».


La seconda delle preoccupazioni espresse da Francesco, riguarda «una corrente gnostica. Questi panteismi... Entrambe sono correnti d'elite, ma questa è di un'elite più formata... Ho saputo di una superiore generale che incoraggiava le suore della sua congregazione a non pregare al mattino, ma immergersi spiritualmente nel cosmo... cose così... Mi preoccupano perché saltano l'incarnazione! E il Figlio di Dio si è fatto carne nostra, il Verbo si è fatto carne... Che succede con i poveri e i loro dolori, quella è la nostra carne... Il Vangelo non è la legge antica, ma nemmeno questo panteismo. Se si guardano le periferie, i senza tetto... i drogati! Il traffico di esseri umani... Questo è il Vangelo. I poveri sono il Vangelo».

Parlando della Curia romana, dopo aver accennato alla santità di tanti curiali, ma anche all'esistenza di una «corrente di corruzione», come pure all'esistenza di una lobby gay in Vaticano - argomento del quale si è parlato nelle congregazioni dei cardinali prima del conclave e che potrebbe essere entrato anche nel famoso rapporto della commissione cardinalizia sul caso Vatileaks - Francesco ha confermato che «la riforma della Curia romana è qualcosa che abbiamo chiesto quasi tutti noi cardinali... Anch'io l'ho chiesta».

«La riforma - ha aggiunto il Papa, secondo quanto riferiscono i religiosi della CLAR - non la posso fare io, queste questioni gestionali... Io sono molto disorganizzato, non sono mai stato bravo in questo. Ma i cardinali del gruppo (di otto porporati scelti per questo compito, ndr) la portano avanti... Pregate per me... perché mi sbagli il meno possibile».

Francesco ha quindi ricordato l'avvenimento di Aparecida, l'incontro dell'episcopato latinoamericano del 2007 nel santuario brasiliano dedicato alla Vergine che ora si accinge a visitare durante il suo prossimo viaggio per la GMG. «Ciò che Aparecida ha avuto di speciale è che non si è celebrata in un hotel, né in una casa per esercizi... si è celebrata in un santuario mariano... e il popolo di Dio accompagnava i vescovi pregando lo Spirito Santo...». Il Papa ha quindi citato il Prefetto della Congregazione dei religiosi, il cardinale Joao Braz de Aviz, all'epoca vescovo in Brasile: «Lo vedevo che arrivava con la mitria, e la gente si avvicinava, gli avvicinava i bambini, e lui li salutava, e li abbracciava... Questo stesso vescovo poi votava (i testi del documento finale, durante la riunione, ndr)... Non avrebbe votato allo stesso modo se  fosse stato in un hotel».

«Approfittate di questo momento che si vive nella Congregazione per la vita consacrata... è un momento di sole... Il Prefetto è buono», e il nuovo segretario «era appoggiato da voi! Non in realtà, essendo presidente dell'Unione dei Superiori Generali era logico che fosse scelto lui...», ha aggiunto, riferendosi al francescano Carballo, recentemente nominato arcivescovo e nuovo numero due del dicastero.


Francesco ha invitato i religiosi della CLAR a dialogare con i vescovi, con le conferenze episcopali e con il CELAM. E infine si è detto preoccupato perché «ci sono congregazioni religiose, gruppi molto, molto piccoli, con poche persone, molto anziane... Non hanno vocazioni, non so, forse lo Spirito non vuole che continuino, forse hanno compiuto già la loro missione nella Chiesa... Però stanno lì, attaccate ai loro edifici e al loro denaro... Non so perché questo accade, non so come leggerlo... però vi chiedo di preoccuparvi di questi gruppi... La gestione del denaro... è qualcosa che necessita riflessione».

 La Presidenza della CLAR lamenta profondamente la pubblicazione di un testo con riferimento alla conversazione mantenuta con il Santo Padre Francesco nel corso dell'incontro dello scorso 6 giugno. Conversazione che si è sviluppata a partire da domande poste al Papa dai presenti.
 
In questa circostanza non è stata fatta nessuna registrazione della conversazione, ma poco dopo è stata elaborata una sintesi della medesima in base ai ricordi dei partecipanti. Questa sintesi, che non include le domande poste al Santo Padre, era destinata alla memoria personale dei partecipanti e per nessun motivo alla pubblicazione, cosa per la quale d'altra parte, non è stata chiesta nessun autorizzazione.
 
E' chiaro che su questa base non si possono attribuire al San Padre, con certezza, le espressioni singolari contenute nel testo, bensì solo il suo senso generale.

Sorella Mercedes Leticia Casas Sánchez, FSpS - Presidente
P. Gabriel Naranjo Salazar, CM,  - Segretario Generale

FONTE: http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/gay-gay-gay-francesco-francis-francisco-25578/

venerdì 7 giugno 2013

Perché papa Francesco non dà la comunione





ROMA, 9 maggio 2013 – C'è una particolarità, nelle messe celebrate da papa Francesco, che suscita degli interrogativi rimasti finora senza risposta.

Al momento della comunione, papa Jorge Mario Bergoglio non la amministra di persona ma lascia che siano altri a dare l'ostia consacrata ai fedeli. Si siede e aspetta che la distribuzione del sacramento sia completata.

Le eccezioni sono pochissime. Nelle messe solenni il papa, prima di sedersi, dà la comunione a chi lo assiste all'altare. E nella messa dello scorso Giovedì Santo, nel carcere minorile di Casal del Marmo, ha voluto dare lui la comunione ai giovani detenuti che si sono accostati a riceverla.

Una spiegazione esplicita di questo suo comportamento Bergoglio non l'ha data, da quando è papa.

Ma c'è una pagina di un suo libro del 2010 che fa intuire i motivi all'origine del gesto.

Il libro è quello che raccoglie i suoi colloqui con il rabbino di Buenos Aires Abraham Skorka.

Al termine del capitolo dedicato alla preghiera, Bergoglio dice:

"Davide era stato adultero e mandante di un omicidio, e tuttavia lo veneriamo come un santo perché ebbe il coraggio di dire: 'Ho peccato'. Si umiliò davanti a Dio. Si possono commettere errori enormi, ma si può anche riconoscerlo, cambiare vita e riparare a quello che si è fatto. È vero che tra i parrocchiani ci sono persone che hanno ucciso non solo intellettualmente o fisicamente ma indirettamente, con una cattiva gestione dei capitali, pagando stipendi ingiusti. Sono membri di organizzazioni di beneficenza, ma non pagano ai loro dipendenti quel che gli spetta, o fanno lavorare in nero. […] Di alcuni conosciamo l'intero curriculum, sappiamo che si spacciano per cattolici ma hanno comportamenti indecenti di cui non si pentono. Per questa ragione in alcune occasioni non do la comunione, rimango dietro e lascio che siano gli assistenti a farlo, perché non voglio che queste persone si avvicinino a me per la foto. Si potrebbe anche negare la comunione a un noto peccatore che non si è pentito, ma è molto difficile provare queste cose. Ricevere la comunione significa ricevere il corpo del Signore, con la coscienza di formare una comunità. Ma se un uomo, più che unire il popolo di Dio, ha falciato la vita di moltissime persone, non può fare la comunione, sarebbe una totale contraddizione. Simili casi di ipocrisia spirituale si presentano in molti che trovano riparo nella Chiesa e non vivono secondo la giustizia che predica Dio. E non mostrano pentimento. È ciò che comunemente chiamiamo condurre una doppia vita".

Come si può notare, Bergoglio spiegava nel 2010 il suo astenersi dal dare personalmente la comunione con un ragionamento molto pratico: "Non voglio che queste persone si avvicinino a me per la foto".

Da pastore sperimentato e da buon gesuita, egli sapeva che tra chi si accostava a ricevere la comunione potevano esserci dei pubblici peccatori non pentiti, che peraltro si professavano cattolici. Sapeva che a quel punto sarebbe stato difficile negare loro il sacramento. E sapeva degli effetti pubblici che quella comunione avrebbe potuto avere, se ricevuta dalle mani dell'arcivescovo della capitale argentina.

Si può arguire che Bergoglio avverta lo stesso pericolo anche da papa, anzi ancor più. E per questo adotti lo stesso comportamento prudenziale: "Non do la comunione, rimango dietro e lascio che siano gli assistenti a farlo".

I pubblici peccati che Bergoglio ha portato ad esempio, nel suo colloquio con il rabbino, sono l'oppressione del povero e la negazione del giusto salario all'operaio. Due peccati tradizionalmente elencati tra i quattro che "gridano vendetta al cospetto di Dio".

Ma il ragionamento è lo stesso che in questi ultimi anni è stato applicato da altri vescovi a un altro peccato: il pubblico sostegno alle leggi pro aborto da parte di politici che si professano cattolici.

Quest'ultima controversia ha il suo epicentro negli Stati Uniti.

Nel 2004 l'allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, trasmise alla conferenza episcopale statunitense una nota con i "principi generali" sulla questione.

La conferenza episcopale decise di "applicare" volta per volta i principi richiamati da Ratzinger affidando "a ciascun vescovo di esprimere prudenti giudizi pastorali nelle circostanze a lui proprie".

Da Roma il cardinale Ratzinger accettò questa soluzione e la definì "in armonia" con i principi generali della sua nota.

In realtà i vescovi degli Stati Uniti non sono unanimi. Alcuni, anche tra i conservatori, come i cardinali Francis George e Patrick O'Malley, sono riluttanti a "fare dell'eucaristia un campo di battaglia politica". Altri sono più intransigenti.  Quando il cattolico Joe Biden fu scelto come vicepresidente da Barack Obama, l'allora vescovo di Denver Charles J. Chaput, oggi a Filadelfia, disse che l'appoggio dato da Biden al cosiddetto "diritto" all'aborto è una grave colpa pubblica e "quindi per coerenza egli si dovrebbe astenere dal presentarsi a ricevere la comunione".

Sta di fatto che lo scorso 19 marzo, nella messa d'inaugurazione del pontificato di Francesco, il vicepresidente Biden e la presidente del partito democratico Nancy Pelosi, anch'essa cattolica pro aborto, facevano parte della rappresentanza ufficiale degli Stati Uniti.

E tutti e due hanno ricevuto la comunione. Ma non dalle mani di papa Bergoglio, che se ne stava seduto dietro l'altare.

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Il libro:

Jorge Bergoglio, Abraham Skorka, "Il cielo e la terra", Mondadori, Milano, 2013.
 
Quando papa Francesco dà la comunione a quelli che lo assistono all'altare, la dà in bocca e mentre sono inginocchiati.

Proprio come faceva Benedetto XVI con tutti.

Nel suo libro-intervista del 2010 "Luce del mondo", Joseph Ratzinger motivò così questa sua scelta:

"Non sono contro la comunione in mano per principio, io stesso l'ho amministrata così ed in quel modo l'ho anche ricevuta. Facendo sì che la comunione si riceva in ginocchio e che la si amministri in bocca, ho voluto dare un segno di profondo rispetto e mettere un punto esclamativo circa la presenza reale. Non da ultimo perché proprio nelle celebrazioni di massa, come quelle nella basilica di San Pietro o sulla piazza, il pericolo dell'appiattimento è grande. Ho sentito di persone che si mettono la comunione in borsa, portandosela via quasi fosse un souvenir qualsiasi. In un contesto simile, nel quale si pensa che è ovvio ricevere la comunione – della serie: tutti vanno avanti, allora lo faccio anch'io – volevo dare un segnale forte. Deve essere chiaro questo: 'È qualcosa di particolare! Qui c'è Lui, è di fronte a Lui che cadiamo in ginocchio. Fate attenzione! Non si tratta di un rito sociale al quale si può partecipare o meno'".