Cavalleria Cristiana

"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena

lunedì 27 dicembre 2010

C.S. Lewis: tra Fantasy e Vangelo

Le Cronache di Narnia: uno dei più grandi classici per ragazzi del ‘900, una saga fantastica che ora è anche un kolossal cinematografico che vede per protagonista un grande leone parlante con poteri mistici. Una grande fiaba che può conquistare i cuori di lettori dai dieci ai cinquant’anni, un racconto di fantasia che è anche una chiarissima rappresentazione del credo cristiano dell’autore, l’anglo-irlandese Clive Staples Lewis. Il volume “C.S. Lewis: tra Fantasy e Vangelo” (Editrice Ancora, Milano, pag. 200, 15 euro) di Paolo Gulisano, studioso della cultura cattolica anglo-sassone e autore - tra l’altro - di volumi su Tolkien, Chesterton o il cristianesimo irlandese, rappresenta la prima biografia-critica del grande scrittore. Il libro indaga ampiamente la vita e l’opera di Lewis, che Gulisano ci presenta come uno dei più interessanti personaggi del panorama letterario del suo tempo. Con Narnia aveva voluto parlare, riuscendoci, al cuore dei bambini, e non solo a loro.



Lewis è stato uno dei più singolari intellettuali dell’Inghilterra del suo tempo, un uomo affascinante e contraddittorio: non era un professionista dei racconti per bambini, né ebbe mai figli a cui narrare fiabe alla sera, ma realizzò con Narnia un autentico classico; visse gran parte della sua vita in Inghilterra, diventando uno dei massimi protagonisti della vita culturale del Paese, ma era irlandese di Belfast, nel nord dell’Irlanda, discendente di quei britannici,gallesi e scozzesi, che avevano fatto parte del piano di colonizzazione attuato dall’Inghilterra dopo la conquista militare dell’Irlanda. Sudditi fedeli di Londra, avamposto dell’Impero, fieri calvinisti visceralmente anti-cattolici. Lewis tuttavia aveva abbandonato in gioventù la religione dei padri, era transitato nei territori aspri dell’ateismo e infine era approdato al Cristianesimo, restando a lungo incerto su quale denominazione di esso (incluso il cattolicesimo) abbracciare, optando infine, ma non senza precisazioni e distinguo, per l’anglicanesimo.
Il suo itinerario spirituale fu complesso e tormentato, e quando infine giunse all’ammissione dell’esistenza di Dio, si definì il “convertito più riluttante di tutta l’Inghilterra”. Ben presto tuttavia divenne uno degli scrittori cristiani più apprezzati della sua generazione, un apologeta tanto acuto quanto appassionato, autore di testi famosissimi come Le Lettere di Berlicche.

Lewis aveva aderito con convinzione al ferreo razionalismo del suo maestro, e si allontanò da ogni fede religiosa, professandosi ateo e libero pensatore. Questa fase della vita di Lewis ebbe termine durante la Prima Guerra Mondiale, dove il giovane soldato rimase ferito sui campi di battaglia della Francia. Durante la convalescenza gli finì in mano un libro di Gilbert K.Chesterton, il creatore di Padre Brown, un autore che esplodeva nelle pagine dei suoi romanzi e dei suoi saggi una straordinaria vitalità, una passione per il reale, un senso di gratitudine verso la vita, piena di umorismo e di gioia. Una gioia non ottusa – e questo fu subito ben chiaro all’acuta sensibilità di Lewis- ma consapevole e meditata, un sentimento che non prescindeva dall’esistenza del male, del dolore, della contraddizione.

Chesterton fu una grossa sorpresa per Lewis, la cui passione per la letteratura e la cui sete di conoscenza si erano rivolte per anni ai classici, ad importanti autori di narrativa e di saggistica. Ora rimaneva invece affascinato da uno scrittore di romanzi fantastici, di gialli che avevano per protagonista un prete cattolico, di saggi in difesa del buon senso e del Cristianesimo, il tutto caratterizzato da una scrittura vivace, appassionata, brillante, capace di prendere sul serio la realtà nella sua integrità, a cominciare dalla realtà interiore dell’uomo e di adoperare fiduciosamente l’intelletto – ovvero il buon senso- nella sua originale sanità, purificato da ogni incrostazione ideologica.

Nella autobiografia “Sorpreso dalla gioia” Lewis raccontò con queste parole il miracolo del cambiamento avvenuto in lui:


“Durante il trimestre della Trinità del 1929 mi arresi, ammisi che Dio era Dio e mi inginocchiai per pregare: fui forse, quella sera, il convertito più disperato e riluttante d’Inghilterra. Allora non mi avvidi di quello che oggi è così chiaro e lampante: l’umiltà con cui Dio è pronto ad accogliere un convertito anche a queste condizioni. Per lo meno, il figliol prodigo era tornato a casa coi suoi stessi piedi. Ma chi potrà mai adorare adeguatamente quell’amore che schiude i cancelli del cielo a un prodigo che recalcitra e si dibatte, e ruota intorno gli occhi risentito in cerca di scampo? Le parole compelle intrare, obbligali ad entrare, sono state così abusate dai malvagi che a sentirle rabbrividiamo ma, opportunamente comprese, scandagliano gli abissi della misericordia Divina. La durezza di Dio è più mite della dolcezza umana, e le Sue costrizioni sono la nostra liberazione.” (Sorpreso dalla gioia, Milano 1997, pag. 166)


Come era maturato questo “ritorno a casa” del figliol prodigo, che chiudeva un pellegrinaggio esistenziale cominciato anni prima con la fine dolorosa dell’innocenza dell’infanzia? Chi aveva insegnato, dopo la lettura di Chesterton, la strada giusta all’incerto Lewis? Si trattava di un nuovo amico, un collega, che Lewis aveva conosciuto nella primavera del 1926, al secondo anno di insegnamento. Un uomo mite, tranquillo, poco significativo agli occhi del vivace Lewis, abituato a personalità più spiccate. Il suo nome era John Ronald Reuel Tolkien: ovvero il futuro autore de Il Signore degli Anelli. Un giovane sensibile certamente, ma privo della utopica ingenuità romantica di molti suoi coetanei più fortunati: uno di quei cattolici che non facevano certo mistero della propria fede.

ignificativamente, nella sua autobiografia Sorpreso dalla gioia Lewis scrisse: “alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista, e (apertamente) al mio arrivo alla facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. Tolkien era l’uno e l’altro”. Per Lewis questa amicizia rappresentò anche la via del ritorno a quel cristianesimo che aveva abbandonato negli anni giovanili per avventurarsi in una inquieta ricerca intellettuale ed esistenziale. Lewis, così come Tolkien, attinse dai miti antichi e dai grandi classici della narrativa fantastica per esaltare i temi della trascendenza, partendo dalla nostalgia del Paradiso perduto per esortare l’uomo moderno ad una nuova coraggiosa ricerca del buono, del bello, del vero.
Un autore che ebbe modo di cimentarsi con la storia, con la narrativa d’anticipazione, con l’apologia del Cristianesimo tanto da suscitare l’ammirazione di teologi come Hans Urs Von Balthasar e Joseph Ratzinger, nonché la stima dichiarata di papa Giovanni Paolo II, benché fosse di fede protestante, è riuscito con le sue storie di Narnia a parlare al cuore di milioni di uomini.
Vale dunque la pena avventurarsi alla scoperta dei temi, dei significati, dei valori contenuti nella sua saga, e questo libro vuole essere una piccola guida per tutti gli esploratori del mondo di Narnia.

fonte: culturacattolica.it
autore: Peter Gilfoyle
curatore: Enrico Leonardi 

domenica 26 dicembre 2010

Adeste fideles


Adeste fideles laeti triumphantes
Venite, venite in Behetlem 
Natum videte regem angelorum

Venite adoremus
Venite adoremus
Venite adoremus Dominum
 
En grege relicto umiles ad cunas
Vocati pastores adproperant
Et nos ovanti gradu festinemus
 
Aeterni parentis splendorem aeternum
Velatum sub carne videbimus
Deum infantem pannis involutum

domenica 19 dicembre 2010

Italia: segni premonitori di una palude e una Suburra?

I fatti avvenuti negli ultimi tempi nella capitale d'Italia e Città Eterna non possono che destare forte preoccupazione. Che siano questi i segni premonitori delle visioni di san Giovanni Bosco, secondo cui l'Italia in futuro sarebbe ridotta "a una palude e a una Suburra", a cui accennava Silvano Panunzio nel suo libro Summa Sanctitatis-Vicinissimi a Dio [1] ?
Condanniamo sia le violenze che l'assenza di dialogo ed è palese che la degenerazione morale abbia preso il sopravvento sia dei manifestanti che della classe dirigente. A chi volesse chiederci di quale parte siamo, rispondiamo tranquillamente come s.Giovanni Bosco: "dalla parte del Pater Noster". 
Sembrano attuali le parole scritte in un articolo dei primissimi numeri della rivista Metapolitica [2]:

Per divino volere siamo nati e viviamo in Italia. Molte oggi le tentazioni di definirla "terra di morti" od "espressione geografica".
I veri motivi per i quali oggi la nostra Nazione è ridotta in misere condizioni sono molti. (...)
Per ora facciamo solo osservazioni di cronaca onde dimostrare il fallimento di un Paese che ha la gravissima colpa di farsi governare da comparse di secondo piano.
Si invoca l'austerità, vengono inflitte stangate, si chiedono ovunque prestiti, si combatte -a parole- l'eversione e la corruzione, ma la realtà è ben diversa.
Dal "bel paese" siamo arrivati alla "groviera": un paese pieno di buchi che si disfà ovunque.
Terremoti, alluvioni, straripamenti, sequestri, rapine, deliziano il nostro suolo: tutto viene attribuito alla fatalità e alle condizioni sociali. In realtà tutto deve essere attribuito alla cronica incapacità di risolvere i mali italiani.
Lo Stato è latitante, gli organismi ancora sani sono progressivamente inquinati. (...)
Abbiamo letto che riaffiora nelle Azzorre l'Atlantide. Siamo certi che tornerà a riaffiorare il pianeta Italia: un punto fermo, anche se nato male, che può portare alla rinascita dell'Europa. 

L'autore, firmatosi con lo pseudonimo di Merlino, sembra che  si riferisca alla situazione politica attuale, invece si riferiva alla situazione di allora, ovvero al 1976. È comunque sorprendente quanto questo articolo vecchio di trentaquattro anni abbracci la situazione politica odierna!
Non siamo esperti di economia, ma non è necessaria una laurea per comprendere che saranno sempre di più coloro che verranno affamati.
Non ci resta che invocare e attendere il riaffiorare dello spirito atlantideo in quest'Europa così povera di Cristo.

[1] Silvano Panunzio, Vicinissimi a Dio "Summa Sanctitatis", ed. Cantagalli.
[2] Metapolitica, Anno I n.3 , 30 Novembre 1976, Emersione di una terra stregata.


domenica 12 dicembre 2010

Oristano. Veglia e messa d'investitura di 25 nuovi cavalieri del Santo Sepolcro e 4 Dame

ORISTANO. In data Sabato 11 dicembre 2010, alle ore 18.00, in cattedrale, mons. Giuseppe Mani ha tenuto la veglia d'armi in vista dell'investitura dei nuovi 25 cavalieri e 4 dame. La veglia è stata preceduta dalla processione dei cavalieri e dame che, partendo dalla chiesa del Carmine. Oggi Domenica 12 dicembre, alle ore 10.00,  il Gran Maestro, cardinale John Patrick Foley, ha presieduto la solenne messa di investitura. 

Dal sito della diocesi di Oristano.

BREVE SCHEDA INFORMATIVA
LA CATTEDRALE DI ORISTANO SCELTA DALL'ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME PER L'INVESTITURA DEI NUOVI CAVALIERI E DAME. 
CAVALIERI E DAME DEL SANTO SEPOLCRO, DIFENSORI DELLA FEDE E COSTRUTTORI DI PACE.

Il Luogotenente della Luogotenenza per l'Italia Sardegna, S.E. Comm. Dr. Efisio Luigi ASTE, ha scelto Oristano, capitale dell'antico Giudicato di Arborea, per la solenne e suggestiva cerimonia di investitura dei nuovi Cavalieri e Dame ammessi nell'Ordine.
La "giovane" Luogotenenza, nata nel 2010 e precedentemente parte attiva della Luogotenenza per l'Italia Centrale con sede a Roma, effettua quest'anno le prime investiture dei nuovi Cavalieri e Dame: 25 nuovi Cavalieri e 4 Dame. Durante la solenne cerimonia riceveranno la "promozione", le nuove insegne del grado superiore, 12 Cavalieri.

STORIA E FINALITA' DELL'ORDINE
L'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, erede di quell'antico sodalizio Cristiano costituito da Goffredo di Buglione a Gerusalemme nel 1099, subito dopo la conquista della città da parte dei Crociati, continua ad operare nel mondo, pur con strumenti diversi, per difendere i Luoghi Santi, la fede Cristiana e contribuire a costruire nel mondo la pace.
Le finalità dell'Ordine, come ben specificato nello Statuto, sono soprattutto quelle di "rafforzare nei suoi Membri la pratica della vita cristiana" e di "rafforzare ed aiutare le opere e le istituzioni della Chiesa Cattolica in Terra Santa, particolarmente quelle del Patriarcato Latino di Gerusalemme". Ai cristiani che vi vengono ammessi viene chiesto di praticare "lo zelo alla rinuncia, in mezzo ad una società di abbondanza, il generoso impegno per i più deboli ed i non protetti, la lotta coraggiosa per la giustizia e la pace", perché queste sono le caratteristiche degli appartenenti all'Ordine del Santo Sepolcro.

PRESENZA NEL MONDO (25.000); IN SARDEGNA (150)
L'Ordine conta nel mondo 53 Luogotenenze, coordinate da un Luogotenente Generale laico e guidate spiritualmente dal Gran Maestro. I membri dell'Ordine nel mondo sono oltre 25 mila.
In terra di Sardegna la Luogotenenza conta oltre 150 membri, coordinati da una Sezione, a sua volta divisa in quattro Delegazioni ubicate nelle quattro Province storiche: Cagliari, Nuoro, Sassari e Oristano.

CATTEDRALE ARBORENSE SEDE DELLE NUOVE INVESTITURE CON 25 NUOVI CAVALIERI E 4 DAME E A SEGUIRE 12 NUOVE PROMOZIONI
Proprio a quest'ultima l'onore e l'onere di ospitare le investiture di quest'anno che porteranno ad Oristano le massime autorità dell'Ordine: il Gran Maestro, Cavaliere di Collare S. Eminenza Rev.ma il Signor Cardinale John Patrick Foley, il Governatore Generale, Cavaliere di Collare S.E. Conte Prof. Agostino Borromeo, S.E. Cav. di Gran Croce Nob. Dott. Alberto Consoli Palermo Navarra, Membro del Gran Magistero, S.E. Mons. Giuseppe Mani, Grand'Ufficiale dell'Ordine e Gran Priore della Luogotenenza. Faranno gli onori di casa i responsabili della Delegazione ospitante: il Delegato, Comm. Dr. Mario Virdis e S.E. Mons. Ignazio Sanna, Grand'Ufficiale dell'Ordine, Priore della Delegazione.

CERIMONIA: LA VEGLIA (SABATO 11) E L'INVESTITURA (DOMENICA 12)
La suggestiva cerimonia delle Investiture prevede due fasi distinte: la "Veglia delle Armi", che precede la successiva cerimonia di "Investitura", e viene effettuata la sera precedente, in questo caso sabato 11 dicembre alle ore 18, sempre nella Cattedrale. Durante questa prima liturgia i Cavalieri e le Dame rinnovano la promessa di fedeltà e ricevono "virtualmente" la spada e gli speroni. Domenica 12, in modo solenne, alle ore 10.00, riceveranno dal Cardinale Gran Maestro i "tre colpi di spada" che sanciranno l'ingresso nell' Ordine.
Oristano, terra di antiche tradizioni, terra di cavalieri e dame fin dai tempi del Giudicato di Eleonora, vedrà nuovi Cavalieri e Dame, nella sua Cattedrale a rinnovare antiche promesse per compiti nuovi, ma sempre nobili ed in difesa della fede e dei più deboli.

martedì 23 novembre 2010

Il Papa, il preservativo e gli imbecilli

di Massimo Introvigne 

Del libro-intervista del Papa Luce del mondo si dovrà parlare, a suo tempo, come merita. Oggi invece parliamo di imbecilli. Dalle associazioni gay a qualche cosiddetto tradizionalista, tutti a dire che il Papa ha cambiato la tradizionale dottrina cattolica sugli anticoncezionali. Titoli a nove colonne sulle prime pagine. Esultanza dell’ONU. Commentatori che ci spiegano come il Papa abbia ammesso che è meglio che le prostitute si proteggano con il preservativo da gravidanze indesiderate: e però, se si comincia con le prostitute, come non estendere il principio ad altre donne povere e non in grado di allevare figli, e poi via via a tutti?

Peccato, però, che – come spesso capita – i commentatori si siano lasciati andare a commentare sulla base di lanci d’agenzia, senza leggere la pagina integrale sul tema dell’intervista di Benedetto XVI, che pure fa parte delle anticipazioni trasmesse ai giornalisti. Il Papa, in tema di lotta all’AIDS, afferma che la «fissazione assoluta sul preservativo implica una banalizzazione della sessualità», e che «la lotta contro la banalizzazione della sessualità è anche parte della lotta per garantire che la sessualità sia considerata come un valore positivo». Nel paragrafo successivo – traducendo correttamente dall’originale tedesco – Benedetto XVI continua: «Ci può essere un fondamento nel caso di alcuni individui, come quando un prostituto usi il preservativo (wenn etwa ein Prostituierter ein Kondom verwendet), e questo può essere un primo passo nella direzione di una moralizzazione, una prima assunzione di responsabilità, sulla strada del recupero della consapevolezza che non tutto è consentito e che non si può fare ciò che si vuole. Ma non è davvero il modo di affrontare il male dell'infezione da HIV. Questo può basarsi solo su di una umanizzazione della sessualità».

Non so se il volume italiano che uscirà tradurrà correttamente «un prostituto», come da originale tedesco, o riporterà – come in alcune anticipazioni giornalistiche italiane, purtroppo ahimé anche dell’Osservatore Romano – «una prostituta». «Prostituto», al maschile, è cattivo italiano ma è l’unica tradizione di «ein Prostituierter», e se si mette la parola al femminile l’intera frase del Papa non ha più senso. Infatti le prostitute donne ovviamente non «usano» il preservativo: al massimo lo usano i loro clienti. Il Papa ha in mente proprio la prostituzione maschile, dove spesso – come riporta la letteratura scientifica in materia – i clienti insistono perché i «prostituti» non usino il preservativo, e dove molti «prostituti» – clamoroso il caso di Haiti, a lungo un paradiso del turismo omosessuale – soffrono di AIDS e infettano centinaia di loro clienti, molti dei quali muoiono. Qualcuno potrebbe dire che «prostituto» si applica anche al gigolò eterosessuale che si accompagna a pagamento con donne: ma l’argomento sarebbe capzioso perché è tra i «prostituti» omosessuali che l’AIDS è notoriamente epidemico, a prescindere dal fatto che anche in tedesco per il «prostituto» maschio che va con le donne si usa correntemente il termine «gigolo».
Stabilito dunque che le gravidanze non c’entrano, perché dalla prostituzione omosessuale è un po’ difficile che nascano bambini, il Papa non dice nulla di rivoluzionario. Un «prostituto» che ha un rapporto mercenario con un omosessuale – per la verità, chiunque abbia un rapporto sessuale con una persona dello stesso sesso – commette dal punto di vista cattolico un peccato mortale. Se però, consapevole di avere l’AIDS, infetta il suo cliente sapendo d’infettarlo, oltre al peccato mortale contro il sesto comandamento ne commette anche uno contro il quinto, perché si tratta di omicidio, almeno tentato. Commettere un peccato mortale o due non è la stessa cosa, e anche nei peccati mortali c’è una gradazione. L’immoralità è un peccato grave, ma l’immoralità unita all’omicidio lo è di più.
Un «prostituto» omosessuale affetto da AIDS che infetta sistematicamente i suoi clienti è un peccatore insieme immorale e omicida. Se colto da scrupoli decide di fare quello che – a torto o a ragione (il problema dell’efficacia, o scarsa efficacia, del preservativo nel rapporto omosessuale non è più morale ma scientifico) – gli sembra possa ridurre il rischio di commettere un omicidio non è improvvisamente diventato una brava persona, ma ha compiuto «un primo passo» - certo insufficiente e parzialissimo – verso la resipicenza. Di Barbablù (Gilles de Rais, 1404-1440) si dice che attirasse i bambini, avesse rapporti sessuali con loro e poi li uccidesse. Se a un certo punto avesse deciso di continuare a fare brutte cose con i bambini ma poi, anziché ucciderli, li avesse lasciati andare, questo «primo passo» non sarebbe stato assolutamente sufficiente a farlo diventare una persona morale. Ma possiamo dire che sarebbe stato assolutamente irrilevante? Certamente i genitori di quei bambini avrebbero preferito riaverli indietro vivi.
Dunque se un «prostituto» assassino a un certo punto, restando «prostituto», decide di non essere più assassino, questo «può essere un primo passo». «Ma – come dice il Papa - questo non è davvero il modo di affrontare il male dell'infezione da HIV». Bisognerebbe piuttosto smettere di fare i «prostituti», e di trovare clienti. La delicatezza del confessore nel trovare «strade umanamente percorribili» per trattare i casi pratici più delicati di applicazione della dottrina cattolica – che però non muta – in tema di anticoncezionali, evocata dal Papa in altra parte del libro-intervista, non c’entra con il brano che stiamo discutendo sul «prostituto». È questo il brano che è stato sbattuto in prima pagina e ha innescato la spirale perversa di commenti frettolosi pubblicati prima di sapere di che cosa diamine si stesse parlando. Qui, però, dove stanno la novità e lo scandalo se non nella malizia di qualche commentatore? Al proposito, vince il premio per il titolo più assurdo il primo lancio della Associated Press, versione in lingua inglese (poi per fortuna corretto, ma lo trovate ancora indicizzato su Yahoo con questo titolo): «Il Papa: la prostituzione maschile è ammissibile, purché si usi il preservativo». Solo gli imbecilli scambiano il Papa con Marrazzo, anche se entrambi vivono a Roma.

dal link http://www.cesnur.org/2010/mi_pre.html

 


martedì 16 novembre 2010

MSF lancia la campagna internazionale: "Europa! Giù le mani dalle nostre medicine"

Mentre l’Unione Europea ha ripreso in queste settimane i negoziati per gli accordi di libero scambio (FTA) con l'India, che ridurrebbero drasticamente l’accesso agli economici farmaci generici prodotti nel paese, Medici Senza Frontiere lancia una campagna globale per fermare i numerosi tentativi dell’Europa di limitare l'accesso a questi medicinali per i pazienti nei Paesi via di sviluppo.

"MSF dipende dall'accesso ai farmaci generici a prezzi accessibili - come quelli prodotti in India - per il trattamento di tutti i tipi di malattie. Noi compriamo l'80% dei nostri farmaci contro l'AIDS in India, farmaci che oggi curano 160.000 persone", afferma il Presidente internazionale di MSF, Unni Karunakara. "A nome loro, non possiamo rimanere in silenzio mentre l'Europa lavora per chiudere la porta su ogni aspetto legato alla fornitura e all’approvvigionamento dei farmaci, ovvero la produzione di un farmaco generico, la sua registrazione e il suo trasporto ai pazienti in altre parti del mondo. Per questo abbiamo lanciato una campagna importante: “EUROPA! GIÙ LE MANI DALLE NOSTRE MEDICINE”.

L'accordo di libero scambio con l’India è solo uno dei tanti attacchi contro i farmaci generici attualmente in corso da parte dell’UE. Attraverso altri accordi commerciali bilaterali in tutto il mondo, l'Europa sta minacciando la produzione di medicinali sicuri, efficaci e accessibili, esigendo norme più severe sulla proprietà intellettuale rispetto a ciò che viene richiesto dalle leggi internazionali. L'Europa è anche una forza trainante nei negoziati segreti per l’Accordo commerciale anti-contraffazione (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), dove è leader nel portare avanti misure per porre limiti alla produzione di farmaci generici.
L'impatto di queste politiche è già stato avvertito dai pazienti: in base ai regolamenti doganali della Commissione europea, farmaci generici regolari destinati ai Paesi in via di sviluppo sono stati bloccati nei porti europei, mettendo in serio pericolo la vita dei malati.
"Ciò che gli europei stanno facendo è effettivamente strappare i farmaci dalle nostre mani", ha dichiarato il Dr. Marius Müller, coordinatore medico di MSF in Kenya. "Poiché i medicinali generici sono più economici, siamo stati in grado di sottoporre sempre più pazienti alle cure contro l'AIDS. Questo ha significato il ritorno della speranza per i nostri pazienti che possono lavorare di nuovo, che possono portare i loro figli a scuola. Ma se l'Europa continua a seguire la sua strada e blocca questa fonte, rischiamo di rendere vano quanto è stato realizzato negli ultimi cinque anni".
Un recente studio ha rilevato che, nel 2008, fino al 90% di alcuni farmaci contro l'AIDS acquistato dai donatori internazionali - tra cui gli stessi governi europei - sono stati comprati da produttori di generici in India. Bloccare questa fornitura di medicinali a prezzi accessibili sarebbe devastante per milioni di persone sotto trattamento o in attesa di cure.
"L'Europa sta chiaramente sfruttando ogni opportunità che riesce a trovare per chiudere il rubinetto dei farmaci generici a prezzi accessibili per le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo", dichiara Michelle Childs, della Campagna di MSF per l'Accesso ai Farmaci Essenziali. "Insieme alle organizzazioni della società civile di tutto il mondo, chiediamo all'Europa di fare subito marcia indietro e chiediamo a chiunque, in tutto il mondo, di sostenere la nostra campagna e unirsi a noi inviando un messaggio al Commissario per il commercio europeo Karel De Gucht affinché metta “GIÙ LE MANI DALLE NOSTRE MEDICINE”.

Per firmare la petizione internazionale, clicca qui.

Si noti il silenzio dei media, sia di destra che di sinistra, per un'azione capital-liberista che annichilisce la dignità e la persona umana, quando invece altri uomini moralmente elevati in lotta contro le forze criptopolitiche, per poche parole sono stati esposti al linciaggio mediatico.

 

Il Pontefice per una revisione del modello economico globale

Angelus del 14 Novembre 2010,
Piazza S.Pietro, Roma.
Cari fratelli e sorelle!
Nella seconda Lettura della Liturgia odierna, l’apostolo Paolo sottolinea l’importanza del lavoro per la vita dell’uomo. Tale aspetto è richiamato anche dalla “Giornata del Ringraziamento”, che si celebra tradizionalmente in Italia in questa seconda domenica di novembre come azione di grazie a Dio al termine della stagione dei raccolti. Anche se in altre aree geografiche i tempi delle coltivazioni sono naturalmente diversi, vorrei oggi prendere lo spunto dalle parole di san Paolo per qualche riflessione, in particolare sul lavoro agricolo.

La crisi economica in atto, di cui si è trattato anche in questi giorni nella riunione del cosiddetto G20, va presa in tutta la sua serietà: essa ha numerose cause e manda un forte richiamo ad una revisione profonda del modello di sviluppo economico globale (cfr Enc. Caritas in veritate, 21).
E’ un sintomo acuto che si è aggiunto ad altri ben più gravi e già ben conosciuti, quali il perdurare dello squilibrio tra ricchezza e povertà, lo scandalo della fame, l’emergenza ecologica e, ormai anch’esso generale, il problema della disoccupazione. In questo quadro, appare decisivo un rilancio strategico dell’agricoltura. Infatti, il processo di industrializzazione talvolta ha messo in ombra il settore agricolo, che, pur traendo a sua volta beneficio dalle conoscenze e dalle tecniche moderne, ha comunque perso di importanza, con notevoli conseguenze anche sul piano culturale. Mi pare il momento per un richiamo a rivalutare l’agricoltura non in senso nostalgico, ma come risorsa indispensabile per il futuro.

Nell’attuale situazione economica, la tentazione per le economie più dinamiche è quella di rincorrere alleanze vantaggiose che, tuttavia, possono risultare gravose per altri Stati più poveri, prolungando situazioni di povertà estrema di masse di uomini e donne e prosciugando le risorse naturali della Terra, affidata da Dio Creatore all’uomo – come dice la Genesi – affinché la coltivi e la custodisca (cfr 2,15). Inoltre, malgrado la crisi, consta ancora che in Paesi di antica industrializzazione si incentivino stili di vita improntati ad un consumo insostenibile, che risultano anche dannosi per l’ambiente e per i poveri. Occorre puntare, allora, in modo veramente concertato, su un nuovo equilibro tra agricoltura, industria e servizi, perché lo sviluppo sia sostenibile, a nessuno manchino il pane e il lavoro, e l’aria, l’acqua e le altre risorse primarie siano preservate come beni universali (cfr Enc. Caritas in veritate, 27). E’ fondamentale per questo coltivare e diffondere una chiara consapevolezza etica, all’altezza delle sfide più complesse del tempo presente; educarsi tutti ad un consumo più saggio e responsabile; promuovere la responsabilità personale insieme con la dimensione sociale delle attività rurali, fondate su valori perenni, quali l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro. Non pochi giovani hanno già scelto questa strada; anche diversi laureati tornano a dedicarsi all’impresa agricola, sentendo di rispondere così non solo ad un bisogno personale e familiare, ma anche ad un segno dei tempi, ad una sensibilità concreta per il bene comune.
Preghiamo la Vergine Maria, perché queste riflessioni possano servire da stimolo alla comunità internazionale, mentre eleviamo a Dio il nostro ringraziamento per i frutti della terra e del lavoro dell'uomo.

lunedì 1 novembre 2010

Ognissanti






"E vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano. E gridavano a gran voce, dicendo: <<La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono, e all'Agnello>>. "  Ap 7, 9-10

mercoledì 20 ottobre 2010

Cavalleria cristiana

Primo Siena, Il mio itinerario metapolitico -  Introduzione a La Espada de Perseo, Metapolitica n.1-4, anno 2008

"E'  autentica cavalleria cristiana quella degli umili 'cavalieri erranti' (nel duplice senso di andare e di errare) : simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" E' necessario avere "visione critica dei tempi moderni, riguardo alle ideologie quali espressioni di una cultura moderna, plagata di ambiguità che mettono in discussione qualunque principio di trascendenza. [...] La politica oggi è troppo spesso "ridotta all'esclusiva ricerca di vantaggi naturali o all'ossessione del potere cinicamente perseguito, potrà recuperare la nobiltà del suo valore positivo ed essere restituita alla sua missione civica". Dobbiamo trovare la forza interiore di rendere realtà il sogno affiorato di "un progetto di civiltà che permetta all'umanità del secolo ventuno d'incamminarsi verso la conciliazione personale e l'armonia sociale. Un procedere, quindi, lungo la dantesca diritta via che, nel solco dinamico della tradizione, conduca verso il modello sapiente della Civitas, restituita alla sua triplice ed essenziale vocazione: la vocazione civile espressa nell'arte fabbrile degli artisti e dei produttori; la vocazione politica espressa nell'arte cavalleresca dei guerrieri e dei condottieri; la vocazione religiosa espressa dall'arte dei monaci e dei sacerdoti.
La politica così concepita potrà proiettare l'arte del Buon Governo della Civitas Hominum negli spazi luminosi della metapolitica, ispirata dai principi e valori trascendenti del Regnum Dei.
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