Ringrazio Mons. Arnaldo Morandi di Brescia per la sua consueta e puntuale newsletter della Gebetsliga Italia - Lega di Preghiera per il Beato Imperatore Carlo e la pace fra i popoli.
Qui è proposta una riflessione su "Halloween" e Ognissanti.
Robertus
In
prossimità della festa di Halloween, vorrei proporre alle famiglie,
alle agenzie educative,
alle istituzioni, ai gestori degli esercizi commerciali, agli operatori
pastorali e alla Comunità Ecclesiale tutta alcune riflessioni che ci
aiutino a comprenderne l’autentico significato e la reale portata, al
fine di decidere con più consapevolezza e con ragionevoli e
coerenti motivazioni quale sistema di pensiero e di valori vogliamo fare
nostro e trasmettere ai più piccoli, al di là di una ingenua e
superficiale accettazione di tutto ciò che una società sempre più
confusa e incerta, precaria e consumista, oggi ci
propone.
Chiarisco
subito che si tratta di semplici riflessioni, che non hanno altra
pretesa se non quella di far
maturare un pensiero autonomo e critico, capace di vagliare i vari
messaggi, più o meno chiari ed evidenti, che ogni giorno riceviamo e che
rischiano, talvolta a nostra insaputa, di disorientarci o anche
semplicemente di distrarci da una realtà più scomoda ed esigente.
Anche
se il nome “Halloween”, attribuito peraltro alla festa solo nel XIX
secolo, significa letteralmente “Vigilia di
tutti i Santi” e lascerebbe supporre che si tratti di una festa
tipicamente cristiana, le sue origini sono da ricercare nella cultura
delle
popolazioni celtiche pre-cristiane, presso le quali si chiamava
“Samhain”, nome che piuttosto indicava semplicemente la fine
dell’estate.
Più
precisamente, la festa di Samhain nella religione druidica si colloca
in una visione
circolare e ciclica del tempo, in cui tutto ritorna secondo i ritmi
della natura, e rappresenta un momento che, posto al limite tra il ciclo
vecchio
(fine dell’estate) e quello nuovo (inizio dell’inverno), esce dalla
dimensione temporale e consente per questo l’abolizione del
confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Nella
notte di questo passaggio, fra il 31 ottobre e il 1° novembre secondo
il
calendario celtico, in un tempo strappato al tempo e in uno spazio
abitato contemporaneamente dalla vita e dalla morte, i Celti credevano
che i morti
uscissero dalle tombe per far visita ai vivi, mentre fate ed elfi,
creature mitologiche considerate nemiche degli uomini, si
intromettessero per fare
scherzi, spesso pericolosi, ai vivi.
A
questa credenza e a questo sistema culturale e religioso, tipici
dell’Irlanda e
della Scozia e diffusi successivamente negli Stati Uniti e in Canada, si
collega l’usanza di far vestire i bambini da streghe, zombie, fantasmi
e vampiri (figure che, in un modo o in un altro, richiamano lo stato di
non-morte, il mondo dell’occulto e la dimensione del male) e di mandarli
a bussare alle porte delle case a chiedere «dolcetto o scherzetto?»,
rievocando l’altra tradizione, sempre legata allo Samhain
celtico, di lasciare nelle case dei dolci per i morti che fossero venuti
a far visita alla famiglia.
Quando il Cristianesimo si
impiantò nei già esistenti sistemi culturali, ne riprese e ne affinò le espressioni più tipiche, dando, proprio a partire
dalle feste, una lettura della storia e del mondo che corrispondesse ai dati della Rivelazione cristiana.Così, in una rinnovata visione del mondo sottratto al caos di forze incontrollabili e consegnato all’ordine sapiente e onnipotente del Creatore, alla pre-cristiana e pagana festa delle forze occulte della natura e dei morti che non trovano riposo, si sostituirono la Festa di tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i Fedeli defunti.
La
storia di questa evoluzione, che qui, per esigenza di brevità, ho
dovuto presentare in maniera
succinta ed essenziale, ma che sarebbe utile approfondire ulteriormente
in sedi più opportune, rivela la trasformazione culturale, e non solo
religiosa, che si sta progressivamente operando nella nostra società.
Ciò
premesso, nel pieno rispetto di quanti
volessero scegliere altri sistemi religiosi e filosofici a cui ispirare
la propria vita, vorrei proporre, a quanti si professano cristiani e a
quanti
hanno a cuore l’identità culturale che ci contraddistingue, i seguenti
interrogativi:
a)
che effetti può avere, a
lungo andare e senza una matura e cosciente riflessione, l’assunzione
inconsapevole di una cultura della morte e del male, propria di un
neopaganesimo dilagante, in evidente contrapposizione a una cultura
della vita e del bene, propria della più autentica tradizione
cristiana?
b) a cosa porta la sostituzione dell’usanza – tipicamente nostra – di far trovare ai
bambini i “regali dei morti”, perché imparino che la morte è un dono della vita, con l’acquisto di oggetti che
esprimono la dissacrazione della morte e, conseguentemente, della vita?
c)
cosa comporta la sostituzione del culto –
tipicamente cristiano – dei morti e dei santi, capace di aprire alla
speranza della vita eterna e alla comunione con i vivi e i defunti, con
la
leggerezza dello scherzo sulla condizione dei morti e, conseguentemente,
dei vivi?
Auspicando
che queste semplici riflessioni e questi
ineludibili interrogativi trovino tante persone di buona volontà
disposte a mettersi in discussione, auguro a tutti la maturità di fede
e di pensiero che S. Paolo augurava alla comunità di Roma dicendo: «Non
conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando
il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò
che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,
2).
Buona festa di Tutti i Santi!
Arnaldo Morandi
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