Cavalleria Cristiana

"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena

domenica 17 settembre 2017

Il diritto a non emigrare

Continua il nostro dibattito sulla questione delle migrazioni: vogliamo ora riprendere dei discorsi e delle citazioni di Benedetto XVI e di S. Giovanni Paolo II sul "diritto a non emigrare".

Per cominciare, riportiamo alcuni punti salienti del Messaggio per la Giornata mondiale delle Migrazioni del 2013 [1], nel quale Benedetto XVI evidenzia che la migrazione comporta diritti e doveri:

"Cari fratelli e sorelle!
Il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, ha ricordato che «la Chiesa cammina insieme con l’umanità tutta» (n. 40), per cui «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (ibid., 1). [...] Nella mia Enciclica Caritas in veritate ho voluto precisare, sulla scia dei miei Predecessori, che «tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo» (n. 11), riferendomi anche ai milioni di uomini e donne che, per diverse ragioni, vivono l’esperienza della migrazione. In effetti, i flussi migratori sono «un fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale» (ibid., 62), poiché «ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione» (ibidem). [...]

In effetti, fede e speranza formano un binomio inscindibile nel cuore di tantissimi migranti, dal momento che in essi vi è il desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la «disperazione» di un futuro impossibile da costruire. Al tempo stesso, i viaggi di molti sono animati dalla profonda fiducia che Dio non abbandona le sue creature e tale conforto rende più tollerabili le ferite dello sradicamento e del distacco, magari con la riposta speranza di un futuro ritorno alla terra d’origine. Fede e speranza, dunque, riempiono spesso il bagaglio di coloro che emigrano, consapevoli che con esse «noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (Enc. Spe salvi, 1). [...]

La Chiesa e le varie realtà che ad essa si ispirano sono chiamate, nei confronti di migranti e rifugiati, ad evitare il rischio del mero assistenzialismo, per favorire l’autentica integrazione, in una società dove tutti siano membri attivi e responsabili ciascuno del benessere dell’altro, generosi nell’assicurare apporti originali, con pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai medesimi diritti e doveri.[...]
Certo, ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune, ma sempre assicurando il rispetto della dignità di ogni persona umana. Il diritto della persona ad emigrare – come ricorda la Costituzione conciliare Gaudium et spes al n. 65 – è iscritto tra i diritti umani fondamentali, con facoltà per ciascuno di stabilirsi dove crede più opportuno per una migliore realizzazione delle sue capacità e aspirazioni e dei suoi progetti. Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra, ripetendo con il Beato Giovanni Paolo II che «diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione» (Discorso al IV Congresso mondiale delle Migrazioni, 1998). Oggi, infatti, vediamo che molte migrazioni sono conseguenza di precarietà economica, di mancanza dei beni essenziali, di calamità naturali, di guerre e disordini sociali. Invece di un pellegrinaggio animato dalla fiducia, dalla fede e dalla speranza, migrare diventa allora un «calvario» per la sopravvivenza, dove uomini e donne appaiono più vittime che autori e responsabili della loro vicenda migratoria. Così, mentre vi sono migranti che raggiungono una buona posizione e vivono dignitosamente, con giusta integrazione nell’ambiente d’accoglienza, ve ne sono molti che vivono in condizioni di marginalità e, talvolta, di sfruttamento e di privazione dei fondamentali diritti umani, oppure che adottano comportamenti dannosi per la società in cui vivono. Il cammino di integrazione comprende diritti e doveri, attenzione e cura verso i migranti perché abbiano una vita decorosa, ma anche attenzione da parte dei migranti verso i valori che offre la società in cui si inseriscono. [...]
Rallegratevi poiché il Signore vi è vicino e, insieme con Lui, potrete superare ostacoli e difficoltà, facendo tesoro delle testimonianze di apertura e di accoglienza che molti vi offrono. Infatti, «la vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata» (Enc. Spe salvi, 49). 




Degni di nota sono anche alcuni commenti di un intellettuale francese, Philippe de Villiers [2], che cita anche il cardinale Robert Sarah:

"Papa Francesco propone di annullare ogni differenza tra i clandestini, gli immigrati  legali e i cittadini. Risultato: la cittadinanza appare come un concetto obsoleto di fronte al “diritto assoluto d’installazione  per i migranti”. Il multiculturalismo promosso da Francesco diverrebbe secondo lui il solo modello conforme al Vangelo. Il Migrante, con la M maiuscola,  appare  in una visione quasi cristica. Il patriottismo  diventa un peccato. Non si potrebbe essere cattolico  e patriota: è la doxa dei mondialisti.
Mai, in nessun momento, il papa  parla dell’immensa angoscia materiale, morale e spirituale dei cittadini dei paesi d’accoglienza, della loro insicurezza e del loro confronto tanto doloroso su base quotidiana con un’altra società dai costumi incompatibili.
La sollecitudine di papa Francesco è emiplegica:  anzitutto per i paesi d’accoglienza inondati, poi per  i paesi d’Africa  –  Nel suo libro “Dio o Niente” il cardinal Sarah chiede agli africani di sviluppare l’Africa e non sradicarsi.  Altrimenti saranno infelici, perché un uomo sradicato è un uomo impoverito, tagliato via dalla sua linfa e dalla sua memoria."
Tanti uomini e donne che oggi sono sradicati, si possono identificare non solo negli africani, ma anche nei sud europei di Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, oppressi sia dalle politiche di austerità, dettate dalla Banca Centrale Europea (a tutti gli effetti, esecutrice degli ordini di banche d'affari di oltreoceano) che dalle classi politiche corrotte delle nazioni d'origine.

Ultimi commenti, ma non meno interessanti, visti soprattutto i santi e gli pontefici citati, sono quelli di Laurent Dandrieu [2]:



Il papa prende posizione per la difesa dei diritti e dignità dei migranti, indipendentemente dal loro statuto immigratorio”: insomma reclama diritti uguali per i legali e gli illegali. E tra questi diritti mette “la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione”:  è un premio all’illegalità. Un  attentato fortissimo ai diritti delle nazioni e della cittadinanza. Perché la cittadinanza non esiste che per consenso sulla legittimità della legge. Se si postula che la legge è fatta per essere aggirata, non c’è più bene comune possibile”:
“San Tommaso d’Aquino scrive: “è proprio della pietà rendere culto ai genitori e alla patria” e , seguendo Sant’Agostino, sancisce che si deve la carità in priorità  a coloro che ci sono prossimi per legami di snague e di cittadinanza. Leone XIII scrive che “la legge naturale ci ordina di amare di un amore di predilezione e di dedizione il paese in cui siamo nati e cresciuti”. Pio XII insegna che “nell’esercizio della carità  esiste un ordine stabilito da Dio,  per cui si deve portare un amore più intenso e fare del  bene di  preferenza a coloro cui siamo uniti da legami speciali. Lo stesso Divin Maestro diede l’esempio di questa preferenza verso la sua terra ed il suo popolo  quando pianse per l’imminente distruzione della Città santa”.
Giovanni Paolo II ha molto sviluppato questa “teologia  delle nazioni”,  nazioni che egli non vede solo come un bene politico e uno strumento al sevizio del bene  comune, ma a cui riconosce una dignità spirituale  eminente: la nazione, spiega, di tutte le comunità umane, è “la più importante per la storia spirituale dell’uomo” . Va fino ad affermare che “la fedeltà all’identità nazionale possiede anche un valore religioso”.
…Papa Francesco scrive  anche: “L’integrazione non è un’assimilazione che porta a sopprimere o dimenticare la propria identità culturale”. Il problema è che questo multiculturalismo sbocca di fatto in un rifiuto di considerare la cultura del paese d’accoglienza come una cultura di riferimento, ciò  che rende de facto l’integrazione illusoria."

Fonti:
[1]  http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/migration/documents/hf_ben-xvi_mes_20121012_world-migrants-day.html

[2] http://www.maurizioblondet.it/cattolici-francesi-papa-francesco-suo-immigrazionismo/



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