Cavalleria Cristiana

"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena

giovedì 20 ottobre 2011

Un altro uomo di Dio è stato ammazzato nella semi-indifferenza della società



La notizia che un altro prete cattolico è stato ammazzato quasi all’altro capo del mondo, nell’isola filippina di Mindanao, padre Fausto Tentorio da Lecco, non ha suscitato particolare impressione e anche la maniera in cui è scivolata sui mass-media, quasi per ottemperare a un dovere di cronaca e senza alcuna particolare commozione, rivela fino a che punto la secolarizzazione e la velata o dichiara irreligiosità del mondo moderno siano penetrati nel nostro modo di pensare, di sentire e perfino di indignarci.
Se fosse stato ammazzato un soldato israeliano, per esempio, ne avrebbe parlato il mondo intero; e così pure se fosse toccato a un banchiere newyorkese o a un esponente della cultura laicista e radicale oggi imperante.
Invece è toccata a un umile prete che, per approssimazione, si suole chiamare “missionario”, come se fosse andato laggiù per smania di convertire altre popolazioni; mentre tutto quello che stava facendo era di predicare il Dio dell’Amore alla locale comunità cattolica e, per il resto, impegnarsi per il riconoscimento dei diritti delle popolazioni tribali nel contesto dello Stato filippino, forse pestando i piedi a qualche signorotto locale o a qualche proprietario terriero.
Sta di fatto che un giovane con il casco calato sul viso lo ha freddato al termine della messa e poi se n’è andato in motocicletta, nel perfetto stile del killer professionista; e un’altra croce è andata ad aggiungersi a quella di tanti altri cristiani, sacerdoti e laici, i quali, specialmente negli ultimi anni, dall’uno all’altro capo del mondo, stanno spargendo il loro sangue sotto gli occhi indifferenti e quasi spazientiti dell’opinione pubblica mondiale.
Ora sono i copti in Egitto, che il governo dovrebbe difendere dalle violenze degli estremisti musulmani e che, invece, prende a fucilate nella piazza de Il Cairo; ora i cristiani di un villaggio dell’Orissa, che le autorità indiane dovrebbero del pari proteggere contro il fanatismo indù e che invece abbandonano al loro destino; ora un prete cattolico che in Turchia ha il torto di rappresentare una minuscola minoranza identificata con l’Arcinemico storico; ora un catechista brasiliano che ha infastidito qualche fazendeiro; e così via.
Dall’Iraq, dal Pakistan, dall’Egitto, centinaia di migliaia di cristiani sono in fuga, minacciati di rappresaglie e di sterminio a causa della loro fede; e nessuno se ne dà pensiero: nemmeno i nostri giornali e i nostri telegiornali che sono pronti, invece, a sollevare un immenso polverone se una donna iraniana riconosciuta colpevole dell’omicidio del marito viene condannata a morte, sino al punto di farne una specie di nuova santa e martire laica.
Ci siamo dimenticati che professare il cristianesimo è diventato non soltanto scomodo, ma anche altamente pericoloso in molte parti del mondo, così come lo era nell’antico Impero Romano durante le persecuzioni; oppure, semplicemente, preferiamo non vederlo e non saperlo; così come preferiamo non sapere che le più grandi persecuzioni anticristiane della storia non sono state quelle di Nerone o Diocleziano, ma quelle, assai più recenti e sistematiche, del Messico, dell’Unione Sovietica e della Cina comunista.
Infatti: se anche qualche prete viene ammazzato e qualche comunità cristiana messa in fuga, perché mai la nostra società materialista, figlia della cultura massonica e anticristiana del Secolo dei Lumi, se ne dovrebbe preoccupare? Al contrario, sotto sotto è cosa che non dispiace poi nemmeno tanto: così imparano, quegli ostinati e superati rappresentanti di una visione del mondo che non trova spazio nelle meraviglie della modernità, tutta scienza, tecnica e profitto.
Diciamo la verità: se mai è stato scomodo essere cristiani, oggi lo è diventato più che in qualunque altra epoca; se mai è stato pericoloso, oggi lo è in misura anche maggiore.
I massimi poteri mondiali - le banche, le multinazionali, i grandi speculatori finanziari, quei tre o quattro governi che contano davvero - non solo non hanno alcuna simpatia per il cristianesimo, ma lo vedono come il fumo negli occhi; come l’ultimo e più grosso ostacolo al loro disegno di dominio globale e di sfruttamento illimitato di uomini e cose.
Il cristianesimo rappresenta oggi una delle ultime voci che parli in favore della pace universale, contro la guerra, contro l’ingiustizia, contro la prepotenza dei ricchi a danno dei poveri. Sappiamo benissimo che non sempre i membri della Chiesa cattolica sono stati coerenti con questi principi, ma il punto, oggi, è un altro: a chi giova mettere a tacere questa voce di riconciliazione e di pace; a chi conviene soffocare questa testimonianza di amore e di perdono?
Per intanto, la cultura laicista, favorevole all’aborto, all’eutanasia, all’equiparazione di qualunque coppia di fatto, anche omosessuale, alla famiglia naturale, è riuscita a fare il vuoto intorno ai cristiani; al punto che, se pure ne vengono ammazzati un centinaio ora qua, ora là, magari bruciati vivi dentro una chiesa, come avviene talvolta in India, nessuno fa una piega, nessuno protesta, nessuno pone interrogativi politicamente scorretti.
Chiunque può parlare, tranne i cristiani; e il papa Ratzinger, pur essendo un teologo insigne, non ha il diritto di tenere nemmeno una lezione in quella università di Roma che furono i suoi predecessori a fondare (precisamente, Bonifacio VIII); non è forse Ratzinger l’erede diretto di quel potere infame che ridusse al silenzio Galilei, il padre della scienza moderna? E dunque, taccia.
Questo silenzio, questo isolamento, questo cordone sanitario psicologico e culturale che la società laicista e secolarizzata ha eretto intorno al cristianesimo, sono la premessa per l’inizio della fase finale: l’eliminazione fisica dei cristiani. I cristiani danno fastidio e debbono scomparire: rappresentano un esempio troppo pericoloso di predicatori di pace, in un mondo che ha bisogno di alimentare i fantasmi dell’odio per continuare a sfruttare la miseria, per continuare a scatenare guerre che rendono lauti guadagni alle industrie di morte, e per diffondere ovunque stili di vita materialisti, brutali, antiecologici, basati sulla pura forza e sull’edonismo esasperato.
Del resto, Gesù lo aveva predetto ai suoi discepoli, in una delle pagine più suggestive e più drammatiche tramandateci dal Vangelo (Giovanni, XV, 18-27; e XVI, 1-4):

«Se il mondo vi odia, pensate che prima di voi ha odiato me. Se voi apparteneste al mondo, il mondo vi amerebbe come suoi. Invece voi non appartenete al mondo, perché io vi ho scelti e vi ho strappati al potere del mondo. Perciò il mondo vi odia. Ricordate quello che vi ho detto: un servo non è più importante del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi;  se hanno messo in pratica la mia parola, metteranno in pratica anche la vostra.  Vi tratteranno così per causa mia, perché non conoscono il Padre che mi ha mandato. Se io non fossi venuto in mezzo a loro a insegnare, non avrebbero colpa. Ora invece non hanno nessuna scusa per il loro peccato. Chi odia me, ossia anche il Padre mio. Se non avessi fatto opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero colpa. Invece le hanno vedute, eppure hanno odiato me e il Padre mio. Così si realizza quello che sta scritto nella loro legge: “Mi hanno odiato senza motivo”.
Quando verrà l’avvocato che io vi manderò da parte del Padre mio - lo Spirito della verità che proviene dal padre - egli sarà il mio testimone, e anche voi lo sarete, perché siete stati con me dal principio.
Vi ho detto questo perché ciò che vi capiterà non turbi la vostra fede. Sareste espulsi dalle sinagoghe, anzi verrà un momento in cui vi uccideranno pensando di fare cosa gradita a Dio. Faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me.  Ma io ve l’ho detto perché, quando verrà il momento dei persecutori, vi ricordiate che io ve ne avevo parlato. Non ne ho parlato fin dal principio, perché ero con voi.»

Del resto, perché meravigliarsi?
La storia del cristianesimo è piena di martiri, e non solo quella dei primi tre secoli.
In Giappone, fra XVI e XVII secolo, i cristiani venivano crocifissi e la loro religione ufficialmente proibita, tanto da doverla professare in segreto: ed erano una comunità di ben 300.000 persone, anche nel Vietnam il cristianesimo rimase fuori legge fino alla prima metà del 1800.
Quante persone di media cultura, per esempio, sanno che la storia del Canada e di quelli che sarebbe poi diventato lo Stato di New York, è letteralmente costellata dal sangue dei martiri cristiani?
Ricordiamo qualche nome: Gabriele Lalemant, Antonio Daniel, Carlo Garnier, Natale Chabanel, Isacco Jogues, Renato Goupil, Giovanni de La Lande; e sono solamente  alcuni. Non si tratta di missionari europei che si erano recati in quelle regioni per collaborare allo sfruttamento degli indigeni da parte dei bianchi; al contrario: si trovarono nel mezzo delle guerre fra Uroni e Irochesi; cercarono di metter pace: vennero travolti anch’essi nella tragedia sanguinosa degli Uroni, che avevano in gran parte convertiti al cristianesimo.
E quante persone sanno che un missionario originario di Lecco, Giovanni Mazzucconi, è stato il primo martire del P. I. M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere) in Oceania, a soli ventinove anni, trucidato dagli indigeni dell’isola di Woodlark, nell’odierno Papua-Nuova Guinea, nel 1855 e proclamato poi beato da Giovanni Paolo II?
La sua breve vita è così interessante, che ci riserviamo di tornarvi sopra in apposita sede; una sola cosa diciamo di lui, per adesso: che è stato quanto di più lontano si possa immaginare dal cliché del missionario cattolico testardo, fanatico, sprezzante delle culture indigene, che una certa Vulgata massonica e protestante ha diffuso a un punto tale che, in molti, alla parola “missionario” scatta quasi un riflesso condizionato di sospetto, diffidenza, antipatia.
Oppure che dire dei martiri della Cina? Ci sentiremmo di scommettere che alla stragrande maggioranza del pubblico italiano i loro nomi non dicono nulla.
Ne citiamo solo alcuni: Alberico Crescitelli, di Avellino, martirizzato nel 1900, durante la rivolta dei Boxer; Cesare Mencattini, aretino, colpito da pallottole dum-dum, nel 1941, a trentun anni; Antonio Barosi, cremonese, strangolato nel 1941, a quarant’anni; Mario Zanardi, sempre cremonese, anch’egli strangolato nel 1941, a trentasette anni e dopo quattordici di missione; Bruno Zanella, vicentino, strangolato e gettato in un pozzo con altri due padri, Mons. Barosi e P. Zanardi; Gerolamo Lazzaroni, bergamasco, gettato vivo in un pozzo, ancora nel 1941, a ventisette anni; Carlo Osnaghi, milanese, sepolto vivo nel 1942, a quarantatre anni; Emilio Teruzzi, milanese, trucidato e gettato in mare nel 1942, a cinquantacinque anni; e, più recentemente, Valeriano Fraccaro, trevigiano, partito per le missioni cinesi nel 1937 e ucciso nel 1974, nel clima della Grande Rivoluzione culturale.
E poi ci sono i martiri della Birmania, anche’essi, probabilmente, ignoti al grande pubblico, a quei nipotini di Voltaire che si fanno beffe della parola “martire” e che pensano, magari, che quei benedetti preti sono proprio andati a cercarsela: non potevano starsene a casa loro, invece di andare in capo al mondo con la croce di Cristo?
Ed ecco Mario Vergara, napoletano, fucilato e gettato in un fiume della Birmania, nel 1950, a quarant’anni; Pietro Galastri, aretino, anch’egli trucidato nel 1950; analogo destino per Alfredo Cremonesi, di Cremona, colpito da raffiche di mitra nel 1953; Pietro Manghisi, barese, ucciso nel 1953, a cinquantaquattro anni; Eliodoro Farronato, vicentino, fucilato nel 1955 da guerriglieri sbandati, dopo venti anni di missione, all’età di quarantatre anni.
L’elenco potrebbe continuare, il numero di questi martiri è legione.
Ecco, ad esempio, Angelo Maggioni, nato a Trezzo d’Adda nel 1917 e missionario in Asia dal 1948, assassinato il 14 agosto da una banda di uomini armati nel Bangladesh.
Ed ecco suor Gina Simionato, nata a Quinto di Treviso nel 1945, missionaria in Africa dal 1975 per un quarto di secolo, uccisa nell’ottobre del 2002 in Burundi.
E che dire del vescovo di San Salvador Oscar Romero, assassinato dagli squadroni della morte in piena messa, il 21 giugno 1970, per essersi fatto interprete del grido dei poveri?
Sì: sono anche questa nostra ignoranza, questa nostra indifferenza, questo nostro distacco, che lasciano più soli ed esposti i cristiani davanti alle persecuzioni dei nostri giorni.

Fonte: http://ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=40731

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