A Vienna, così come in Austria, la ricorrenza del centenario della Grande Guerra è passato sottotono rispetto ad altri luoghi simbolo, come in Friuli, in Trentino ed in Slovenia.
Uno dei motivi potrebbe essere la pesante eredità che gli austriaci
avvertono su di loro (anche se la responsabilità maggiore è attribuibile
ai tedeschi), ma nel panorama complessivo degli avvenimenti non
possiamo dimenticare che ci fu un personaggio di primo piano che lavorò
incessantemente per far cessare, come affermava papa Benedetto XV, “ l’inutile strage”.
La storia del “gentiluomo europeo”, l’imperatore Carlo I d’Austria,
è sconosciuta ai più e, soprattutto in Italia, la sua immagine è
offuscata dalla propaganda anti-austriaca del periodo belligerante.
Invece, per una corretta e completa visione di quel periodo, è
importante ricordare i fatti di quello che è passato alla Storia come “L’affaire Sisto”.
L’INIZIO – Già con il proclama ai suoi popoli,
l’imperatore Carlo (salito al trono alla fine del 1916) espresse
immediatamente il suo programma di governo:
“ (…) Voglio fare di tutto per bandire, nel tempo più breve, gli orrori e
i sacrifici della guerra e rendere ai miei popoli i benefici scomparsi
della pace, non appena me lo permetteranno l’onore delle armi, le
condizioni vitali dei miei stati e dei loro fedeli alleati e la
testardaggine dei nostri nemici”.
Fu così che attuò sin dall’inizio una rivoluzione interna alla Corte,
sostituendo i belligeranti e filo-tedeschi Capo di Stato Maggiore
(Conrad von Hoetzendorf) ed il ministro degli Affari Esteri (Istvan
Burian) con Arthur Arz-Straussenburg e Ottokar Czernin, due personalità
più in linea con l’imperatore.
In più Carlo ha già nel cassetto un piano elaborato da tempo per cercare
una pace separata con la Francia e la Gran Bretagna, in accordo con Sisto di Borbone-Parma, cognato dell’Imperatore (sposato con Zita di Borbone-Parma).
Nonostante questi prestasse servizio per l’esercito transalpino, di
stanza in Belgio, (in quanto egli dichiarò fin dallo scoppio del
conflitto che un Borbone sarà sempre in primis un francese) egli sarà
sempre legato all’Austria, non solo per ragioni familiari, ma per quella
simpatia e fiducia che provava verso il nuovo monarca. In pratica,
l’uomo giusto per tale missione.
LA MISSIONE – Carlo, che decise di tenere all’oscuro della missione il suo ministro Czernin,
cominciò con l’operazione dalla fine del dicembre 1916, quando sia
tramite intermediari, sia con incontri diretti a Vienna, consegnò al
principe Sisto delle missive (scritte o orali) da presentare ai
governanti di Francia e Inghilterra.
Nel suo peregrinare tra Francia, Svizzera, Austria, Inghilterra
il principe Sisto incontrò sia personaggi che lo appoggiarono (come il
presidente della repubblica francese Poincaré ed il primo ministro
Briand e, più tiepidamente, anche il re inglese Giorgio IV) ed altri
che, palesemente, ostacolarono l’impresa, come l’austrofobo Alexandre
Ribot (che dal 20 marzo 1917 prese il posto di Briand) e il premier
inglese Lloyd George.
Ed è proprio in una lettera autografa dell’imperatore austriaco,
consegnata da Sisto a Poincaré e al governo francese, che si può
leggere chiaramente l’intenzione di Carlo di andare incontro alle
richieste dell’Intesa (restituzione dell’Alsazia e della Lorena alla
Francia, ricostituzione del Belgio ed altro, anche se non si fa menzione
delle pretese italiane) e contrastare di fatto l’alleato germanico.
Le potenze dell’Intesa s’incontreranno quindi a St Jean de Maurienne il 19 aprile del 1917,
per discutere i propositi dell’Imperatore e lì metteranno
definitivamente la parola fine ai tentativi di Sisto, il quale il 25
giugno considerò terminata (e purtroppo fallita) la sua missione e tornò
al proprio reggimento.
L’ERRORE FATALE – Nell’aprile del 1918, galvanizzato
dalle vittorie delle Potenze Centrali, il ministro Czernin dichiarò al
Parlamento che oltre ad essere forte l’alleanza con il Reich tedesco, la
Francia l’anno precedente aveva avanzato una proposta di pace
all’Austria.
La notizia fu trasmessa all’allora premier francese George Clemenceau,
detto “la Tigre”, il quale per non apparire “un questuante della pace”,
fece pubblicare la famosa lettera autografa di Carlo del 24 marzo 1917,
creando così un terremoto politico che porterà definitivamente la
Monarchia asburgica al declino.
Infatti Czernin pretese una dichiarazione firmata da parte dell’Imperatore
che dichiarava falsa la lettera, in quanto non accettava che tutto
questo fosse avvenuto alle sue spalle e a sua completa insaputa, e una
volta ottenutala e mostratala ai tedeschi, fu rimosso dal suo incarico e
sostituito con il ministro precedente (Burian); Sisto che tanto
s’impegnò per l’augusto cognato si sentì ferito nell’onore.
Il Kaiser tedesco Guglielmo II dal canto suo
approfittò della situazione e chiese una rinnovata fiducia a Carlo,
sulla base (dopo un incontro fra i due leader avvenuto nella cittadina
belga di Spa) di un maggior impegno in campo militare e soprattutto
economico. In pratica la Germania cominciava ad annettersi l’Austria …
cosa che riuscì a Hitler vent’anni dopo.
UN UOMO DI PACE, CON PAROLE E FATTI – Il giovane
Imperatore è stato dileggiato molto al di fuori dei propri confini,
additato spesso come un’inesperta ed incapace guida in un momento tanto
difficile per il suo Paese e per l’Europa. Sicuramente si è mostrato
ingenuo, si è fidato troppo di qualche suo ministro (vedi Czernin) e di
altri volponi della scena europea, ma nei suoi due anni di regno è
riuscito a dare un segno tangibile di volontà pacificatoria, oserei
affermare che è stato l’unico (oltre al papa Benedetto XV).
Se però ora l’Italia può vantare ancora una città meravigliosa come Venezia lo dobbiamo a Carlo che ne impedì il bombardamento, così come vietò l’uso dei gas sul fronte italiano, andando su tutte le furie quando venne a conoscenza che il comando tedesco lo fece utilizzare anche sui fronti austriaci.
A corte scelse di servirsi, lui e la famiglia imperiale, della tessera annonaria come i suoi sudditi per i pasti quotidiani; e in occasione dell’incoronazione quale Re d’Ungheria il pranzo di ricevimento composto di 18 portate fu interamente destinato al lazzaretto della capitale magiara.
Quella di Carlo I credo sia una figura da riscoprire, soprattutto in questo periodo di rievocazione e approfondimento della Grande Guerra, perché non fu unicamente un inascoltato “profeta di pace”, ma le idee moderne (e progressiste – almeno rispetto al conservatorismo del prozio Francesco Giuseppe) di un nuovo assetto dell’Europa avrebbero sicuramente giovato al futuro del nostro continente.
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