Jorge Mario Bergoglio è il 266° Vescovo di Roma, primo Papa non europeo, sudamericano, gesuita e a prendere il nome Francesco. Non staremo a scrivere la biografia del Pontefice. Vogliamo invece proporre la venerata figura di un altro Francesco che non è il ben noto frate di Assisi, bensì
SAN
FRANCESCO DA PAOLA
Paola, Cosenza, 27 marzo 1416 - Plessis-les-Tours, Francia, 2 aprile 1507
La
sua vita fu avvolta in un'aura di soprannaturale dalla nascita alla
morte. Nacque a Paola (Cosenza) nel 1416 da genitori in età avanzata
devoti di san Francesco, che proprio all'intercessione del santo di
Assisi attribuirono la nascita del loro bambino. Di qui il nome e la
decisione di indirizzarlo alla vita religiosa nell'ordine
francescano. Dopo un anno di prova, tuttavia, il giovane lasciò il
convento e proseguì la sua ricerca vocazionale con viaggi e
pellegrinaggi. Scelse infine la vita eremitica e si ritirò a Paola
in un territorio di proprietà della famiglia. Qui si dedicò alla
contemplazione e alle mortificazioni corporali, suscitando stupore e
ammirazione tra i concittadini. Ben presto iniziarono ad affluire al
suo eremo molte persone desiderose di porsi sotto la sua guida
spirituale. Seguirono la fondazione di numerosi eremi e la nascita
della congregazione eremitica paolana detta anche Ordine dei Minimi.
La sua approvazione fu agevolata dalla grande fama di taumaturgo di
Francesco che operava prodigi a favore di tutti, in particolare dei
poveri e degli oppressi. Lo stupore per i miracoli giunse fino in
Francia, alla corte di Luigi XI, allora infermo. Il re chiese al papa
Sisto IV di far arrivare l'eremita paolano al suo capezzale.
L'obbedienza prestata dal solitario costretto ad abbandonare l'eremo
per trasferirsi a corte fu gravosa ma feconda. Luigi XI non ottenne
la guarigione, Francesco fu tuttavia ben voluto ed avviò un periodo
di rapporti favorevoli tra il papato e la corte francese. Nei 25 anni
che restò in Francia egli rimase un uomo di Dio, un riformatore
della vita religiosa. Morì nei pressi di Tours il 2 aprile 1507.
La
sua vita fu uno stupore continuo sin dalla nascita, infatti Francesco
nacque il 27 marzo 1416 da una coppia di genitori già avanti negli
anni, il padre Giacomo Alessio detto “Martolilla” e la madre
Vienna di Fuscaldo, durante i quindici anni di matrimonio già
trascorsi, avevano atteso invano la nascita di un figlio, per questo
pregavano s. Francesco, il ‘Poverello’ di Assisi, di intercedere
per loro e inaspettatamente alla fine il figlio arrivò.
Riconoscenti
i giubilanti genitori lo chiamarono Francesco; il santo di Assisi
intervenne ancora nella vita di quel bimbo nato a Paola, cittadina
calabrese sul Mar Tirreno in provincia di Cosenza; dopo appena un
mese si scoprì che era affetto da un ascesso all’occhio sinistro
che si estese fino alla cornea, i medici disperavano di salvare
l’occhio.
La
madre fece un voto a s. Francesco, di tenere il figlio in un convento
di Frati Minori per unintero anno, vestendolo dell’abito proprio
dei Francescani, il voto dell’abito è usanza ancora esistente
nell’Italia Meridionale. Dopo qualche giorno l’ascesso scomparve
completamente.
Fu
allevato senza agi, ma non mancò mai il necessario; imparò a
leggere e scrivere verso i 13 anni, quando i genitori volendo
esaudire il voto fatto a s. Francesco, lo portarono al convento dei
Francescani di San Marco Argentano, a nord di Cosenza.
In
quell’anno l’adolescente rivelò subito doti eccezionali, stupiva
i frati dormendo per terra, con continui digiuni e preghiera intensa
e già si cominciava a raccontare di prodigi straordinari, come
quando assorto in preghiera in chiesa, si era dimenticato di
accendere il fuoco sotto la pentola dei legumi per il pranzo dei
frati, allora tutto confuso corse in cucina, dove con un segno di
croce accese il fuoco di legna e dopo pochi istanti i legumi furono
subito cotti.
Un’altra
volta dimenticò di mettere le carbonelle accese nel turibolo
dell’incenso, alle rimostranze del sacrestano andò a prenderle ma
senza un recipiente adatto, allora le depose nel lembo della tonaca
senza che la stoffa si bruciasse.
Trascorso
l’anno del voto, Francesco volle tornare a Paola fra il dispiacere
dei frati e d’accordo con i genitori intrapresero insieme un
pellegrinaggio ad Assisi alla tomba di s. Francesco, era convinto che
quel viaggio gli avrebbe permesso d’individuare la strada da
seguire nel futuro.
Fecero
tappe a Loreto, Montecassino, Monteluco e Roma, nella ‘Città
eterna’ mentre camminava per una strada, incrociò una sfarzosa
carrozza che trasportava un cardinale pomposamente vestito, il
giovanetto non esitò e avvicinatosi rimproverò il cardinale dello
sfarzo ostentato; il porporato stupito cercò di spiegare che era
necessario per conservare la stima e il prestigio della Chiesa agli
occhi degli uomini.
Nella
tappa di Monteluco, Francesco poté conoscere in quell’eremo
fondato nel 528 da s. Isacco, un monaco siriano fuggito in Occidente,
gli eremiti che occupavano le celle sparse per la montagna; fu molto
colpito dal loro stile di vita, al punto che tornato a Paola, appena
tredicenne e in netta opposizione al dire del cardinale romano, si
ritirò a vita eremitica in un campo che apparteneva al padre, a
quasi un chilometro dal paese, era il 1429.
Si
riparò prima in una capanna di frasche e poi spostandosi in altro
luogo in una grotta, che egli stesso allargò scavando il tufo con
una zappa; detta grotta è oggi conservata all’interno del
Santuario di Paola; in questo luogo visse altri cinque anni in
penitenza e contemplazione.
La
fama del giovane eremita si sparse nella zona e tanti cominciarono a
raggiungerlo per chiedere consigli e conforto; lo spazio era poco per
questo via vai, per cui Francesco si spostò di nuovo più a valle
costruendo una cella su un terreno del padre; dopo poco tempo alcuni
giovani dopo più visite, gli chiesero di poter vivere come lui nella
preghiera e solitudine.
Così
nel 1436, con una cappella e tre celle, si costituì il primo nucleo
del futuro Ordine dei Minimi; la piccola Comunità si chiamò
“Eremiti di frate Francesco”.
Prima
di accoglierli, Francesco chiese il permesso al suo vescovo di
Cosenza mons. Bernardino Caracciolo, il quale avendo conosciuto il
carisma del giovane eremita acconsentì; per qualche anno il gruppo
visse alimentandosi con un cibo di tipo quaresimale, pane, legumi,
erbe e qualche pesce, offerti come elemosine dai fedeli; non erano
ancora una vera comunità ma pregavano insieme nella cappella a
determinate ore.
Fu
in seguito necessario allargare gli edifici e nel 1452 Francesco
cominciò a costruire la seconda chiesa e un piccolo convento intorno
ad un chiostro, tuttora conservati nel complesso del Santuario.
Durante
i lavori di costruzione Francesco operò altri prodigi, un grosso
masso che stava rotolando sugli edifici venne fermato con un gesto
del santo e ancora oggi esiste sotto la strada del Santuario; entrò
nella fornace per la calce a ripararne il tetto, passando fra le
fiamme e rimanendo illeso; inoltre fece sgorgare una fonte con un
tocco del bastone, per dissetare gli operai, oggi è chiamata
“l’acqua della cucchiarella”, perché i pellegrini usano
attingerne con un cucchiaio.
Ormai
la fama di taumaturgo si estendeva sempre più e il papa Paolo II
(1464-1471), inviò nel 1470 un prelato a verificare; giunto a Paola
fu accolto da Francesco che aveva fatto portare un braciere per
scaldare l’ambiente; il prelato lo rimproverò per l’eccessivo
rigore che professava insieme ai suoi seguaci e allora Francesco
prese dal braciere con le mani nude, i carboni accesi senza
scottarsi, volendo così significare se con l’aiuto di Dio si
poteva fare ciò, tanto più si poteva accettare il rigore di vita.
La
morte improvvisa del papa nel 1471, impedì il riconoscimento
pontificio della Comunità, che intanto era stata approvata dal
vescovo di Cosenza Pirro Caracciolo; il consenso pontificio arrivò
comunque tre anni più tardi ad opera del nuovo papa Sisto IV
(1471-1484).
Secondo
la tradizione, uno Spirito celeste, forse l’arcangelo Michele, gli
apparve mentre pregava, tenendo fra le mani uno scudo luminoso su cui
si leggeva la parola “Charitas” e porgendoglielo disse: “Questo
sarà lo stemma del tuo Ordine”.
La
fama di questo monaco dalla grossa corporatura, con barba e capelli
lunghi che non tagliava mai, si diffondeva in tutto il Sud, per cui
fu costretto a muoversi da Paola per fondare altri conventi in varie
località della Calabria.
Gli
fu chiesto di avviare una comunità anche a Milazzo in Sicilia,
pertanto con due confratelli si accinse ad attraversare lo Stretto di
Messina, qui chiese ad un pescatore se per amor di Dio l’avesse
traghettato all’altra sponda, ma questi rifiutò visto che non
potevano pagarlo; senza scomporsi Francesco legò un bordo del
mantello al bastone, vi salì sopra con i due frati e attraversò lo
Stretto con quella barca a vela improvvisata.
Il
miracolo fra i più clamorosi di quelli operati da Francesco, fu in
seguito confermato da testimoni oculari, compreso il pescatore Pietro
Colosa di Catona, piccolo porto della costa calabra, che si
rammaricava e non si dava pace per il suo rifiuto.
Risanava
gli infermi, aiutava i bisognosi, ‘risuscitò’ il suo nipote
Nicola, giovane figlio della sorella Brigida, anche suo padre Giacomo
Alessio, rimasto vedovo entrò a far parte degli eremiti, diventando
discepolo di suo figlio fino alla morte.
Francesco
alzava spesso la voce contro i potenti in favore degli oppressi, le
sue prediche e invettive erano violente, per cui fu ritenuto
pericoloso e sovversivo dal re di Napoli Ferdinando I (detto
Ferrante) d’Aragona, che mandò i suoi soldati per farlo zittire,
ma essi non poterono fare niente, perché il santo eremita si rendeva
invisibile ai loro occhi; il re alla fine si calmò, diede
disposizione che Francesco poteva aprire quanti conventi volesse,
anzi lo invitò ad aprirne uno a Napoli (un’altro era stato già
aperto nel 1480 a Castellammare di Stabia.
A
Napoli giunsero due fraticelli che si sistemarono in una cappella
campestre, là dove poi nel 1846 venne costruita la grande,
scenografica, reale Basilica di S. Francesco da Paola, nella celebre
Piazza del Plebiscito.
Intanto
si approssimava una grande, imprevista, né desiderata svolta della
sua vita; nel 1482 un mercante italiano, di passaggio a
Plessis-les-Tours in Francia, dove risiedeva in quel periodo il re
Luigi XI (1423-1482), gravemente ammalato, ne parlò ad uno scudiero
reale, che informò il sovrano.
Il
re inviò subito un suo maggiordomo in Calabria ad invitare il santo
eremita, affinché si recasse in Francia per aiutarlo, ma Francesco
rifiutò, nonostante che anche il re di Napoli Ferrante appoggiasse
la richiesta.
Allora
il re francese si rivolse al papa Sisto IV, il quale per motivi
politici ed economici, non voleva scontentare il sovrano e allora
ordinò all’eremita di partire per la Francia, con grande sgomento
e dolore di Francesco, costretto a lasciare la sua terra e i suoi
eremiti ad un’età avanzata, aveva 67 anni e malandato in salute.
Nella
sua tappa a Napoli, fu ricevuto con tutti gli onori da re Ferrante I,
incuriosito di conoscere quel frate che aveva osato opporsi a lui; il
sovrano assisté non visto ad una levitazione da terra di Francesco,
assorto in preghiera nella sua stanza; poi cercò di conquistarne
l’amicizia offrendogli un piatto di monete d’oro, da utilizzare
per la costruzione di un convento a Napoli.
Si
narra che Francesco presone una la spezzò e ne uscì del sangue e
rivolto al re disse: “Sire questo è il sangue dei tuoi sudditi che
opprimi e che grida vendetta al cospetto di Dio”, predicendogli
anche la fine della monarchia aragonese, che avvenne puntualmente nei
primi anni del 1500.
Sempre
vestito del suo consunto saio e con in mano il rustico bastone, fu
ripreso di nascosto da un pittore, incaricato dal re di fargli un
ritratto, che è conservato nella Chiesa dell’Annunziata a Napoli,
mentre una copia è nella Chiesa di S. Francesco da Paola ai Monti in
Roma; si ritiene che sia il dipinto più somigliante quando Francesco
aveva 67 anni.
Passando
per Roma andò a visitare il pontefice Sisto IV (1471-1484), che lo
accolse cordialmente; nel maggio 1489 arrivò al castello di
Plessis-du-Parc, dov’era ammalato il re Luigi XI, nel suo passaggio
in terra francese liberò Bormes e Frejus da un’epidemia.
A
Corte fu accolto con grande rispetto, col re ebbe numerosi colloqui,
per lo più miranti a far accettare al sovrano l’ineluttabilità
della condizione umana, uguale per tutti e per quante insistenze
facesse il re di fare qualcosa per guarirlo, Francesco rimase
coerentemente sulla sua posizione, giungendo alla fine a convincerlo
ad accettare la morte imminente, che avvenne nel 1482, dopo aver
risolto le divergenze in corso con la Chiesa.
Dopo
la morte di Luigi XI, il frate che viveva in una misera cella, chiese
di poter ritornare in Calabria, ma la reggente Anna di Beaujeu e poi
anche il re Carlo VIII (1470-1498) si opposero; considerandolo loro
consigliere e direttore spirituale.
Giocoforza
dovette accettare quest’ultimo sacrificio di vivere il resto della
sua vita in Francia, qui promosse la diffusione del suo Ordine,
perfezionò la Regola dei suoi frati “Minimi”, approvata
definitivamente nel 1496 da papa Alessandro VI, fondò il Secondo
Ordine e il Terzo riservato ai laici, iniziò la devozione dei
Tredici Venerdì consecutivi.
Francesco
morì il 2 aprile 1507 a Plessis-les-Tours, vicino Tours dove fu
sepolto, era un Venerdì Santo ed aveva 91 anni e sei giorni.
Già
sei anni dopo papa Leone X nel 1513 lo proclamò beato e nel 1519 lo
canonizzò; la sua tomba diventò meta di pellegrinaggi, finché nel
1562 fu profanata dagli Ugonotti che bruciarono il corpo; rimasero
solo le ceneri e qualche pezzo d’osso.
Queste
reliquie subirono oltraggi anche durante la Rivoluzione Francese; nel
1803 fu ripristinato il culto. Dopo altre ripartizioni in varie
chiese e conventi, esse furono riunite e dal 1935 e 1955 si trovano
nel Santuario di Paola; dopo quasi cinque secoli il santo eremita
ritornò nella sua Calabria di cui è patrono, come lo è di Paola e
Cosenza.
Nel
1943 papa Pio XII, in memoria della traversata dello Stretto, lo
nominò protettore della gente di mare italiana. Quasi subito dopo la
sua canonizzazione, furono erette in suo onore basiliche reali a
Parigi, Torino, Palermo e Napoli e il suo culto si diffuse
rapidamente nell’Italia Meridionale, ne è testimonianza l’afflusso
continuo di pellegrini al suo Santuario, eretto fra i monti della
costa calabra che sovrastano Paola, sui primi angusti e suggestivi
ambienti in cui visse e dove si sviluppò il suo Ordine dei ‘Minimi’.
FONTE: http://www.santiebeati.it/