Cavalleria Cristiana

"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena

giovedì 28 aprile 2011

Siamo tutti portoghesi

Il Portogallo ha deciso di piegarsi alle frustate sempre più ravvicinate che il "sistema" gli sta infliggendo, per ultima la svalutazione della Agenzia Standard e Poor's che agisce come un cane da caccia ben addestrato che ad un certo momento punta la sua preda indicandola ai cacciatori. Uno di questi, il FMI, immediatamente interviene per proporsi di intervenire prestando, naturalmente a interessi salati, i soldi necessari a salvare le banche del disgraziato paese caduto nell'ultima battuta di caccia di WallStreet. Se non il FMI, interviene la Unione Europea che ha costituito un fondo apposta per queste evenienze. La prossima prevista sarà la Spagna. E poi probabilmente l'Italia quando si saranno fatti sentire nel Bel Paese gli effetti devastanti della crisi libica (venti miliardi in meno di interscambio ed effetti della immigrazione). E poi probabilmente l'Italia quando si saranno fatti sentire nel Bel Paese gli effetti devastanti della crisi libica (venti miliardi in meno di interscambio ed effetti della immigrazione).
Le condizioni per i portoghesi saranno durissime e del tutto simili a quelle che hanno dovuto subire gli irlandesi ed i greci. Dovranno avere sempre meno welfare per tutti i servizi sociali e per le pensioni. Ridurre i salari specialmente quelli pubblici. Insomma impoverirsi e fare la corsa all'indietro: il progresso è diventato soltanto regresso, la marcia del gambero, un ritrovarsi sempre più poveri e pazzi nonostante il miglioramento della produzione, delle esportazioni di tutto.
Si ha l'impressione sgradevole ed allarmante che queste crisi finanziarie siano programmate e che si facciano scoppiare al momento più acconcio. In effetti è da tempo che si parla di PIGS e qualcuno propone una revisione dell'Europa facendone due o tre a "velocità" diverse". Le misure finora proposte dai governi europei per stabilizzare il sistema sono tutte insufficienti e non tolgono il pallino dalle mani degli speculatori. Bisognerebbe vietare la negoziazione dei titoli di Stato assicurandone un rendimento costante e fisso. Abolire le agenzie di rating che hanno assunto un ruolo di killeraggio troppo evidente negli ultimi anni. Nazionalizzare il sistema bancario e vietare la vendita dei derivati. Insomma evitare tutta la speculazione cartacea sulla moneta. Disincentivare gli operatori di banca dalla speculazione su titoli di depositi o altro.
A volte si ha l'impressione che ci troviamo difronte ad una sorta di caccia grossa agli Stati fatta con strumenti diversi: l'Irak, l'Afghanistan, il Pakistan, la Libia, la Costa d'Avorio, la Somalia vengono "trattate" con bombardamenti ed occupazioni militari; Irlanda, Portogallo, Grecia con il fallimento finanziario. L'Irak e la Libia sono state depredate delle loro ricchezze valutarie e le loro risorse energetiche messe sotto controllo.
L'Unione Europea alla quale si sottraggono molte politiche di Francia, Inghilterra e Germania, sta diventando sempre di più una trappola. La regola di Maastricht è diventata un cappio al collo che non si può evitare soltanto con deroghe all'indebitamento. La regola di Maastrict è la causa della crescente asocialità delle politiche europee che caricano sul lavoro dipendente, sulla regressione giuridica dei lavoratori e sullo impoverimento della qualità della vita sociale il peso degli arricchimenti delle classi dominanti e proprietarie fatte non solo di imprenditori ma di dirigenti che guadagnano stipendi strepitosi come Marchionne o Geronzi.
Questa Europa piace sempre meno e sta diventando ossessiva ed oppressiva. Aderisce ad un organismo come la Nato che agisce sempre di più come strumento di aggressione e di imposizione della pax mafiosa degli USA; non ha al suo interno regole che consentano investimenti ed una politica di crescita equilibrata delle zone meno sviluppate. Ha fatto della Polonia, della Romania, e di tutti i paesi provenienti dal Comecon colonie per la delocalizzazione delle industrie decotte dell'Ovest e dove praticare salari di fame. Le forze del lavoro europeo sono state usate come masse di manovra per indebolirne la dignità giuridica e sociale. La sinistra non c'è più e quando c'è, come in Francia, presenta programmi che non si contrappongono al fanatismo liberista imperante.
La meta prossima della regola liberista imperante in Europa è la proletarizzazione di mezzo miliardo di cittadini ridotti al livello medio degli USA che oggi è più o meno povero come negli anni trenta. Questa regola liberista distrugge la mobilità sociale verso l'alto e nel stabilisce una soltanto verso l'inferno della miseria. Serve a creare una casta di supermiliardari capaci di controllare le istituzioni della democrazia. Il mercato sopra di tutti. Basti vedere l'insistenza con la quale si va avanti sulla strada della privatizzazione della acqua per comprendere come la resistenza delle democrazie al potere economico si riduce sempre di più.
Abbiamo bisogno di recuperare al controllo pubblico le banche e settori fondamentali della industria. Il capitalismo è nemico del bene comune.

Pietro Ancona

fonte: http://www.identitaeuropea.it/portogallo.html


domenica 24 aprile 2011

Vide e credette

Omelia della Santa Messa del giorno di Pasqua

Genova, Cattedrale di San Lorenzo,
24 aprile 2011


Carissimi Fratelli e Sorelle

La luce della Pasqua è sorta sul mondo, ma il mondo sembra così distratto e indifferente da non sussultare di gioia. Noi non vogliamo essere cristiani sonnolenti e stanchi, ma desideriamo gustare la gioia cristiana: è un atto di giustizia verso Dio che ci ha fatto il grande dono della fede, è un dovere verso noi stessi assetati di luce, è un servizio all'umanità che cerca disperatamente il perché del suo vivere e morire.

Per questo, nel cuore della Liturgia, intendiamo porre particolare attenzione alla figura del giovane discepolo – quello che Gesù amava – per cogliere nei suoi gesti e nelle sue parole qualcosa per noi. Non sfugge il suo rispetto, la devozione che mostra verso Pietro, capo del Collegio apostolico: egli, più giovane e veloce, non entra nella tomba, ma attende Pietro: "allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette". E qui ci prende un senso di santa invidia: se anche noi avessimo potuto entrare e vedere per poter credere! Come se poter vedere fosse indispensabile per avere la fede. Giovanni, nello spazio di pochissimo tempo, ha fatto nell'anima un lungo percorso: dal vedere la tomba vuota è salito fino a credere in Gesù Risorto. Quante brevi considerazioni possiamo fare sulle parole sobrie del Vangelo.

Innanzitutto ricordiamo che nella nostra comprensibile invidia vi può essere un pregiudizio oggi molto diffuso e radicato: che la realtà è riducibile tutta alle evidenze o alle prove empiriche, a ciò che possiamo vedere e toccare. Ma l'amore, ad esempio, lo possiamo ridurre così? Ne vediamo i segni e le opere, ma della sua radice, che è spirituale e interiore, che cosa è possibile vedere e toccare? Quale visione riduttiva della realtà e quale mondo povero se tutto si riducesse alla conoscenza materiale! Anche per questo il Santo Padre Benedetto XVI non si stanca di esortare tutti ad ampliare i confini della ragione umana, perché non sia usata solo per indagare il mondo sensibile al fine di conoscerlo e usarlo, ma anche per interrogarsi sul perché vero delle cose, dell'uomo, dell'anima, della vita e della morte. Per porsi la domanda decisiva che la cultura odierna elude: che cosa ci sarà dopo la morte? Cos'è il bene?


Ma, inoltre, anche noi possiamo vedere qualcosa di Gesù risorto: vederlo attraverso gli occhi di Giovanni. I suoi occhi possono essere i nostri se lo vogliamo, se apriamo il cuore alla fiducia, senza la quale nessun essere umano può vivere. La fiducia appartiene alla trama fondamentale della vita, ne è una fibra inevitabile. E l'Apostolo Giovanni è affidabile avendo, la sua figura come quella degli altri Apostoli, attraversato il crogiuolo delle indagini neppure sempre benevoli di secoli. E' così che possiamo rientrare anche noi nella beatitudine di Gesù quando rimprovera dolcemente l'ostinazione di Tommaso che non vuole fidarsi della testimonianza dei suoi fratelli: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20, 29). Oh, come siamo riconoscenti a Giovanni, ma anche a Tommaso: alla corsa rapida del primo verso la fede, e alla resistenza ostinata e incredula del secondo! Voi, Apostoli e Maestri nostri, fratelli e discepoli del Risorto, ci sostenete nel nostro pellegrinaggio.


Ma non possiamo tacere una parola ancora. E' sempre Giovanni che riporta il divino Maestro: "Io sono il pane della vita (...) chi crede in me non avrà più sete". Ecco un altro modo perché anche noi possiamo, come il giovane discepolo, vedere e credere. La fede ha un rapporto virtuoso e mai concluso tra i due termini: si vede per credere e si crede per vedere. Nella misura in cui noi crediamo a Gesù lo vedremo, ma non come una proiezione dei nostri desideri, ma nell'effetto della sua reale presenza, del suo essere con noi risorto e vivo: e l'effetto, il segno che Lui è risorto, è che non avremo più sete. Quante sono le seti del mondo lo sappiamo e conosciamo anche le nostre, quelle palesi e quelle nascoste che a volte neppure a noi stessi confessiamo. Ma, al di là di tutto, ogni uomo ha sete di felicità, di vita, di amore. E nessuna esperienza terrena, per quanto bella e nobile, può riempire il cuore. Manca sempre qualcosa, manca sempre il "per sempre" che è proprio solo di Dio. Gesù ci assicura che non avremo più sete se crediamo in Lui, se a Lui ci affidiamo anche quando siamo nell'orto del Getzemani, anche quando non capiamo il perché di certi drammi personali, sociali, mondiali. E' forse questa la via migliore per vederlo radioso e vivo oltre la grande pietra del sepolcro, vivo e presente nel mondo, sempre alla ricerca dell'uomo smarrito e incerto, presente e vivo nella sua Chiesa. Grazie Chiesa Santa di Dio, continuamente purificata dal sangue del tuo Sposo: noi ti amiamo perché ci parli di Lui, ci porti a Lui. Noi ti ringraziamo perché con te, Madre, possiamo avere Dio come Padre.


Ecco la nostra via, cari Amici, la nostra via per vedere: è quella di vedere con gli occhi degli Apostoli, è quella di credere al Risorto per vederLo nei segni – a volte delicati e intimi, a volte grandiosi e visibili – della sua vivente presenza. La buona Pasqua sia dunque questa: vedere i segni del Risorto presenti nelle nostre anime, attorno a noi, nel mondo, perché la gioia cresca e l'amore puro dilaghi.