Cavalleria Cristiana

"È autentica Cavalleria Cristiana quella dei Cavalieri Erranti, nel duplice senso di andare ed errare, simili ai saggi e giusti di Dio, i quali si ritirano di tanto in tanto nella fortezza della Tradizione Interiore per dare la scalata alle vette dello Spirito" Primo Siena

lunedì 27 dicembre 2010

C.S. Lewis: tra Fantasy e Vangelo

Le Cronache di Narnia: uno dei più grandi classici per ragazzi del ‘900, una saga fantastica che ora è anche un kolossal cinematografico che vede per protagonista un grande leone parlante con poteri mistici. Una grande fiaba che può conquistare i cuori di lettori dai dieci ai cinquant’anni, un racconto di fantasia che è anche una chiarissima rappresentazione del credo cristiano dell’autore, l’anglo-irlandese Clive Staples Lewis. Il volume “C.S. Lewis: tra Fantasy e Vangelo” (Editrice Ancora, Milano, pag. 200, 15 euro) di Paolo Gulisano, studioso della cultura cattolica anglo-sassone e autore - tra l’altro - di volumi su Tolkien, Chesterton o il cristianesimo irlandese, rappresenta la prima biografia-critica del grande scrittore. Il libro indaga ampiamente la vita e l’opera di Lewis, che Gulisano ci presenta come uno dei più interessanti personaggi del panorama letterario del suo tempo. Con Narnia aveva voluto parlare, riuscendoci, al cuore dei bambini, e non solo a loro.



Lewis è stato uno dei più singolari intellettuali dell’Inghilterra del suo tempo, un uomo affascinante e contraddittorio: non era un professionista dei racconti per bambini, né ebbe mai figli a cui narrare fiabe alla sera, ma realizzò con Narnia un autentico classico; visse gran parte della sua vita in Inghilterra, diventando uno dei massimi protagonisti della vita culturale del Paese, ma era irlandese di Belfast, nel nord dell’Irlanda, discendente di quei britannici,gallesi e scozzesi, che avevano fatto parte del piano di colonizzazione attuato dall’Inghilterra dopo la conquista militare dell’Irlanda. Sudditi fedeli di Londra, avamposto dell’Impero, fieri calvinisti visceralmente anti-cattolici. Lewis tuttavia aveva abbandonato in gioventù la religione dei padri, era transitato nei territori aspri dell’ateismo e infine era approdato al Cristianesimo, restando a lungo incerto su quale denominazione di esso (incluso il cattolicesimo) abbracciare, optando infine, ma non senza precisazioni e distinguo, per l’anglicanesimo.
Il suo itinerario spirituale fu complesso e tormentato, e quando infine giunse all’ammissione dell’esistenza di Dio, si definì il “convertito più riluttante di tutta l’Inghilterra”. Ben presto tuttavia divenne uno degli scrittori cristiani più apprezzati della sua generazione, un apologeta tanto acuto quanto appassionato, autore di testi famosissimi come Le Lettere di Berlicche.

Lewis aveva aderito con convinzione al ferreo razionalismo del suo maestro, e si allontanò da ogni fede religiosa, professandosi ateo e libero pensatore. Questa fase della vita di Lewis ebbe termine durante la Prima Guerra Mondiale, dove il giovane soldato rimase ferito sui campi di battaglia della Francia. Durante la convalescenza gli finì in mano un libro di Gilbert K.Chesterton, il creatore di Padre Brown, un autore che esplodeva nelle pagine dei suoi romanzi e dei suoi saggi una straordinaria vitalità, una passione per il reale, un senso di gratitudine verso la vita, piena di umorismo e di gioia. Una gioia non ottusa – e questo fu subito ben chiaro all’acuta sensibilità di Lewis- ma consapevole e meditata, un sentimento che non prescindeva dall’esistenza del male, del dolore, della contraddizione.

Chesterton fu una grossa sorpresa per Lewis, la cui passione per la letteratura e la cui sete di conoscenza si erano rivolte per anni ai classici, ad importanti autori di narrativa e di saggistica. Ora rimaneva invece affascinato da uno scrittore di romanzi fantastici, di gialli che avevano per protagonista un prete cattolico, di saggi in difesa del buon senso e del Cristianesimo, il tutto caratterizzato da una scrittura vivace, appassionata, brillante, capace di prendere sul serio la realtà nella sua integrità, a cominciare dalla realtà interiore dell’uomo e di adoperare fiduciosamente l’intelletto – ovvero il buon senso- nella sua originale sanità, purificato da ogni incrostazione ideologica.

Nella autobiografia “Sorpreso dalla gioia” Lewis raccontò con queste parole il miracolo del cambiamento avvenuto in lui:


“Durante il trimestre della Trinità del 1929 mi arresi, ammisi che Dio era Dio e mi inginocchiai per pregare: fui forse, quella sera, il convertito più disperato e riluttante d’Inghilterra. Allora non mi avvidi di quello che oggi è così chiaro e lampante: l’umiltà con cui Dio è pronto ad accogliere un convertito anche a queste condizioni. Per lo meno, il figliol prodigo era tornato a casa coi suoi stessi piedi. Ma chi potrà mai adorare adeguatamente quell’amore che schiude i cancelli del cielo a un prodigo che recalcitra e si dibatte, e ruota intorno gli occhi risentito in cerca di scampo? Le parole compelle intrare, obbligali ad entrare, sono state così abusate dai malvagi che a sentirle rabbrividiamo ma, opportunamente comprese, scandagliano gli abissi della misericordia Divina. La durezza di Dio è più mite della dolcezza umana, e le Sue costrizioni sono la nostra liberazione.” (Sorpreso dalla gioia, Milano 1997, pag. 166)


Come era maturato questo “ritorno a casa” del figliol prodigo, che chiudeva un pellegrinaggio esistenziale cominciato anni prima con la fine dolorosa dell’innocenza dell’infanzia? Chi aveva insegnato, dopo la lettura di Chesterton, la strada giusta all’incerto Lewis? Si trattava di un nuovo amico, un collega, che Lewis aveva conosciuto nella primavera del 1926, al secondo anno di insegnamento. Un uomo mite, tranquillo, poco significativo agli occhi del vivace Lewis, abituato a personalità più spiccate. Il suo nome era John Ronald Reuel Tolkien: ovvero il futuro autore de Il Signore degli Anelli. Un giovane sensibile certamente, ma privo della utopica ingenuità romantica di molti suoi coetanei più fortunati: uno di quei cattolici che non facevano certo mistero della propria fede.

ignificativamente, nella sua autobiografia Sorpreso dalla gioia Lewis scrisse: “alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista, e (apertamente) al mio arrivo alla facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. Tolkien era l’uno e l’altro”. Per Lewis questa amicizia rappresentò anche la via del ritorno a quel cristianesimo che aveva abbandonato negli anni giovanili per avventurarsi in una inquieta ricerca intellettuale ed esistenziale. Lewis, così come Tolkien, attinse dai miti antichi e dai grandi classici della narrativa fantastica per esaltare i temi della trascendenza, partendo dalla nostalgia del Paradiso perduto per esortare l’uomo moderno ad una nuova coraggiosa ricerca del buono, del bello, del vero.
Un autore che ebbe modo di cimentarsi con la storia, con la narrativa d’anticipazione, con l’apologia del Cristianesimo tanto da suscitare l’ammirazione di teologi come Hans Urs Von Balthasar e Joseph Ratzinger, nonché la stima dichiarata di papa Giovanni Paolo II, benché fosse di fede protestante, è riuscito con le sue storie di Narnia a parlare al cuore di milioni di uomini.
Vale dunque la pena avventurarsi alla scoperta dei temi, dei significati, dei valori contenuti nella sua saga, e questo libro vuole essere una piccola guida per tutti gli esploratori del mondo di Narnia.

fonte: culturacattolica.it
autore: Peter Gilfoyle
curatore: Enrico Leonardi 

domenica 26 dicembre 2010

Adeste fideles


Adeste fideles laeti triumphantes
Venite, venite in Behetlem 
Natum videte regem angelorum

Venite adoremus
Venite adoremus
Venite adoremus Dominum
 
En grege relicto umiles ad cunas
Vocati pastores adproperant
Et nos ovanti gradu festinemus
 
Aeterni parentis splendorem aeternum
Velatum sub carne videbimus
Deum infantem pannis involutum

domenica 19 dicembre 2010

Italia: segni premonitori di una palude e una Suburra?

I fatti avvenuti negli ultimi tempi nella capitale d'Italia e Città Eterna non possono che destare forte preoccupazione. Che siano questi i segni premonitori delle visioni di san Giovanni Bosco, secondo cui l'Italia in futuro sarebbe ridotta "a una palude e a una Suburra", a cui accennava Silvano Panunzio nel suo libro Summa Sanctitatis-Vicinissimi a Dio [1] ?
Condanniamo sia le violenze che l'assenza di dialogo ed è palese che la degenerazione morale abbia preso il sopravvento sia dei manifestanti che della classe dirigente. A chi volesse chiederci di quale parte siamo, rispondiamo tranquillamente come s.Giovanni Bosco: "dalla parte del Pater Noster". 
Sembrano attuali le parole scritte in un articolo dei primissimi numeri della rivista Metapolitica [2]:

Per divino volere siamo nati e viviamo in Italia. Molte oggi le tentazioni di definirla "terra di morti" od "espressione geografica".
I veri motivi per i quali oggi la nostra Nazione è ridotta in misere condizioni sono molti. (...)
Per ora facciamo solo osservazioni di cronaca onde dimostrare il fallimento di un Paese che ha la gravissima colpa di farsi governare da comparse di secondo piano.
Si invoca l'austerità, vengono inflitte stangate, si chiedono ovunque prestiti, si combatte -a parole- l'eversione e la corruzione, ma la realtà è ben diversa.
Dal "bel paese" siamo arrivati alla "groviera": un paese pieno di buchi che si disfà ovunque.
Terremoti, alluvioni, straripamenti, sequestri, rapine, deliziano il nostro suolo: tutto viene attribuito alla fatalità e alle condizioni sociali. In realtà tutto deve essere attribuito alla cronica incapacità di risolvere i mali italiani.
Lo Stato è latitante, gli organismi ancora sani sono progressivamente inquinati. (...)
Abbiamo letto che riaffiora nelle Azzorre l'Atlantide. Siamo certi che tornerà a riaffiorare il pianeta Italia: un punto fermo, anche se nato male, che può portare alla rinascita dell'Europa. 

L'autore, firmatosi con lo pseudonimo di Merlino, sembra che  si riferisca alla situazione politica attuale, invece si riferiva alla situazione di allora, ovvero al 1976. È comunque sorprendente quanto questo articolo vecchio di trentaquattro anni abbracci la situazione politica odierna!
Non siamo esperti di economia, ma non è necessaria una laurea per comprendere che saranno sempre di più coloro che verranno affamati.
Non ci resta che invocare e attendere il riaffiorare dello spirito atlantideo in quest'Europa così povera di Cristo.

[1] Silvano Panunzio, Vicinissimi a Dio "Summa Sanctitatis", ed. Cantagalli.
[2] Metapolitica, Anno I n.3 , 30 Novembre 1976, Emersione di una terra stregata.


domenica 12 dicembre 2010

Oristano. Veglia e messa d'investitura di 25 nuovi cavalieri del Santo Sepolcro e 4 Dame

ORISTANO. In data Sabato 11 dicembre 2010, alle ore 18.00, in cattedrale, mons. Giuseppe Mani ha tenuto la veglia d'armi in vista dell'investitura dei nuovi 25 cavalieri e 4 dame. La veglia è stata preceduta dalla processione dei cavalieri e dame che, partendo dalla chiesa del Carmine. Oggi Domenica 12 dicembre, alle ore 10.00,  il Gran Maestro, cardinale John Patrick Foley, ha presieduto la solenne messa di investitura. 

Dal sito della diocesi di Oristano.

BREVE SCHEDA INFORMATIVA
LA CATTEDRALE DI ORISTANO SCELTA DALL'ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME PER L'INVESTITURA DEI NUOVI CAVALIERI E DAME. 
CAVALIERI E DAME DEL SANTO SEPOLCRO, DIFENSORI DELLA FEDE E COSTRUTTORI DI PACE.

Il Luogotenente della Luogotenenza per l'Italia Sardegna, S.E. Comm. Dr. Efisio Luigi ASTE, ha scelto Oristano, capitale dell'antico Giudicato di Arborea, per la solenne e suggestiva cerimonia di investitura dei nuovi Cavalieri e Dame ammessi nell'Ordine.
La "giovane" Luogotenenza, nata nel 2010 e precedentemente parte attiva della Luogotenenza per l'Italia Centrale con sede a Roma, effettua quest'anno le prime investiture dei nuovi Cavalieri e Dame: 25 nuovi Cavalieri e 4 Dame. Durante la solenne cerimonia riceveranno la "promozione", le nuove insegne del grado superiore, 12 Cavalieri.

STORIA E FINALITA' DELL'ORDINE
L'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, erede di quell'antico sodalizio Cristiano costituito da Goffredo di Buglione a Gerusalemme nel 1099, subito dopo la conquista della città da parte dei Crociati, continua ad operare nel mondo, pur con strumenti diversi, per difendere i Luoghi Santi, la fede Cristiana e contribuire a costruire nel mondo la pace.
Le finalità dell'Ordine, come ben specificato nello Statuto, sono soprattutto quelle di "rafforzare nei suoi Membri la pratica della vita cristiana" e di "rafforzare ed aiutare le opere e le istituzioni della Chiesa Cattolica in Terra Santa, particolarmente quelle del Patriarcato Latino di Gerusalemme". Ai cristiani che vi vengono ammessi viene chiesto di praticare "lo zelo alla rinuncia, in mezzo ad una società di abbondanza, il generoso impegno per i più deboli ed i non protetti, la lotta coraggiosa per la giustizia e la pace", perché queste sono le caratteristiche degli appartenenti all'Ordine del Santo Sepolcro.

PRESENZA NEL MONDO (25.000); IN SARDEGNA (150)
L'Ordine conta nel mondo 53 Luogotenenze, coordinate da un Luogotenente Generale laico e guidate spiritualmente dal Gran Maestro. I membri dell'Ordine nel mondo sono oltre 25 mila.
In terra di Sardegna la Luogotenenza conta oltre 150 membri, coordinati da una Sezione, a sua volta divisa in quattro Delegazioni ubicate nelle quattro Province storiche: Cagliari, Nuoro, Sassari e Oristano.

CATTEDRALE ARBORENSE SEDE DELLE NUOVE INVESTITURE CON 25 NUOVI CAVALIERI E 4 DAME E A SEGUIRE 12 NUOVE PROMOZIONI
Proprio a quest'ultima l'onore e l'onere di ospitare le investiture di quest'anno che porteranno ad Oristano le massime autorità dell'Ordine: il Gran Maestro, Cavaliere di Collare S. Eminenza Rev.ma il Signor Cardinale John Patrick Foley, il Governatore Generale, Cavaliere di Collare S.E. Conte Prof. Agostino Borromeo, S.E. Cav. di Gran Croce Nob. Dott. Alberto Consoli Palermo Navarra, Membro del Gran Magistero, S.E. Mons. Giuseppe Mani, Grand'Ufficiale dell'Ordine e Gran Priore della Luogotenenza. Faranno gli onori di casa i responsabili della Delegazione ospitante: il Delegato, Comm. Dr. Mario Virdis e S.E. Mons. Ignazio Sanna, Grand'Ufficiale dell'Ordine, Priore della Delegazione.

CERIMONIA: LA VEGLIA (SABATO 11) E L'INVESTITURA (DOMENICA 12)
La suggestiva cerimonia delle Investiture prevede due fasi distinte: la "Veglia delle Armi", che precede la successiva cerimonia di "Investitura", e viene effettuata la sera precedente, in questo caso sabato 11 dicembre alle ore 18, sempre nella Cattedrale. Durante questa prima liturgia i Cavalieri e le Dame rinnovano la promessa di fedeltà e ricevono "virtualmente" la spada e gli speroni. Domenica 12, in modo solenne, alle ore 10.00, riceveranno dal Cardinale Gran Maestro i "tre colpi di spada" che sanciranno l'ingresso nell' Ordine.
Oristano, terra di antiche tradizioni, terra di cavalieri e dame fin dai tempi del Giudicato di Eleonora, vedrà nuovi Cavalieri e Dame, nella sua Cattedrale a rinnovare antiche promesse per compiti nuovi, ma sempre nobili ed in difesa della fede e dei più deboli.